Il governo Modi, nel reprimere le rivolte degli agricoltori, ha messo a tacere l'ambientalista Disha Ravi e altri giovani attivisti indiani.
Disha Ravi, giovane attivista indiana residente a Bangalore e impegnata nella causa ecologista, è stata arrestata in India lo scorso 13 febbraio dalla polizia di Delhi con l’accusa di sedizione e cospirazione. Nonostante il suo rilascio, il suo caso fa riflettere sullo stato di salute della democrazia in India. In gioco è la difesa della libertà di parola e di espressione in quanto diritto riconosciuto nell’articolo 19 della Costituzione indiana.
Vegana, impiegata in un ristorante bio-vegano della sua città (Bangalore) e co-fondatrice di Fridays For Future India, l’ambientalista indiana 22enne Disha Ravi è stata accusata di aver guidato e sostenuto il movimento di protesta degli agricoltori indiani, che dallo scorso novembre si sono mobilitati per opporsi ai tre nuovi provvedimenti introdotti dal governo Modi nel settembre 2020 nell’ambito di una riforma agraria che rischia di danneggiare l’agricoltura locale a favore delle multinazionali del settore.
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L’operazione rientra nella volontà delle autorità governative di sedare e reprimere le proteste. In particolare, Ravi sarebbe colpevole di aver creato un gruppo WhatsApp per dare voce alle proteste degli agricoltori e di aver contribuito all’accendersi delle rivolte contadine attraverso la diffusione di un toolkit, un manuale contenente regole e consigli rivolti ai manifestanti sul campo. Il documento era stato rilanciato lo scorso 4 febbraio su Twitter dalla giovane attivista svedese Greta Thunberg, simbolo della lotta contro i cambiamenti climatici globali.
All’appello di Ravi aveva risposto anche la cantante Rihanna, portando la controversa questione all’attenzione pubblica internazionale.
“I contadini chiedono l’abrogazione, perché sanno che non sopravviveranno se le grandi corporazioni si impossesseranno del nostro cibo e dell’agricoltura. Non stanno solo combattendo per la loro sopravvivenza. Come si dice, stanno combattendo per il suolo e l’anima dell’India. L’India è l’India a causa della nostra biodiversità, della nostra diversità culturale, della nostra diversità economica ed ecologica. L’imperialismo alimentare ci ridurrà a una colonia di Bayer/Monsato, Corteva’s e Syngenta’s, Cargills, ADM e ConAgra’s, Pepsi e Coca Cola e colossi digitali come Gates, che stanno promuovendo l’agricoltura digitale, agricoltura senza agricoltori, cibo senza agricoltori”, ci aveva spiegato Vandana Shiva in una recente intervista.
La scarcerazione di Ravi e lo spettro dell’autoritarismo
Considerata nel suo paese come, “la Greta indiana” Disha Ravi il 24 febbraio, dopo dodici giorni, è uscita dal carcere, liberata su cauzione. Dharmendra Rana, il giudice che ha emesso la sentenza di proscioglimento, ritiene che non sia possibile stabilire una correlazione diretta tra il comportamento dell’attivista sui social media e lo scoppio delle rivolte dei contadini, culminate nella violenta manifestazione del 26 gennaio 2021. Pertanto, il reato di cospirazione non sussisterebbe.
Ravi è una nota attivista per il clima e nel suo paese ha partecipato a diverse campagne, da quella per la protezione del corridoio dell’elefante nello stato collinare di Uttarakhand, a quella in difesa della biodiversità e dell’ecoturismo a Goa. Ha anche protestato contro il disboscamento di Bengaluru e preso parte al movimento a difesa della foresta di Aarey a Mumbai.
Il primo ministro Modi e i nazionalisti del partito di governo temono che l’attivismo delle nuove generazioni di indiani (e, in particolare, delle giovani attiviste indiane) possano minare le fondamenta del sistema di potere finora costruito.
Infatti, un caso analogo, legato alle proteste degli agricoltori in India, è l’arresto e la reclusione per oltre un mese della giovane sindacalista indiana di 25 anni, Nodeep Kaur, che si presume sia stata arrestata, torturata e abusata sessualmente mentre era sotto la custodia della polizia. Si apre quindi lo scenario di un’involuzione autoritaria della grande democrazia indiana, che desta preoccupazione per i difensori dei diritti umani.
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