Si tratta di un innovativo test sanguigno che permette di analizzare i “messaggi” chimici scambiati fra la mamma ed il feto
Si tratta di un innovativo test sanguigno che permette di analizzare i “messaggi” chimici scambiati fra la mamma ed il feto attraverso la placenta
È allo studio un nuovo, innovativo esame del sangue da effettuarsi in gravidanza che permetterebbe di scoprire con largo anticipo le possibilità della neomamma di sviluppare la preeclampsia – una grave forma di ipertensione, accompagnata talvolta dalla presenza di un eccesso di proteine nelle urine. La preeclampsia colpisce circa una donna su venti a partire dalla ventesima settimana di gestazione (terzo trimestre) e può avere conseguenze gravi sia per la neomamma che per il nascituro: danni agli organi interni, ictus e parto prematuro sono tra gli effetti più noti, che non di rado possono portare anche alla morte della mamma.
Si tratta, per ora, solo di uno studio pilota in fase di sviluppo e saranno necessari ulteriori studi e sperimentazioni affinché questo esame sia effettivamente efficace – tuttavia è un primo passo importante nella salvaguardia della salute di mamme e neonati. Diagnosticare la preeclampsia solo dopo l’insorgenza dei primi sintomi, infatti, lascia ai medici pochissimo tempo per curare efficacemente il disturbo, e le aspettative di guarigione per la mamma sono molto ridotte. Attualmente la diagnosi viene effettuata ricercando la presenza di proteine nelle urine, la misurazione della pressione sanguigna e altri test specifici che non fanno altro che constatare sintomi già evidenti della malattia. Il trattamento medico prevede oltre all’assunzione di specifici farmaci per l’ipertensione, il riposo assoluto e, in ultima istanza, l’induzione del travaglio con la conseguente nascita prematura del bambino.
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Il nuovo test del sangue sarebbe in grado di analizzare i messaggi chimici che intercorrono fra la mamma e il feto, permettendo una diagnosi precoce del disturbo – già a partire dalla sedicesima settimana di gestazione, ben prima che inizino a manifestarsi i sintomi. Lo studio ha analizzato l’RNA in 2.539 campioni di sangue di 1.840 donne provenienti da Stati Uniti, Europa e Africa per comprendere meglio il comportamento di questo “messaggero” chimico. I modelli di RNA analizzati sono poi diventati modelli grazie all’intelligenza artificiale e i risultati sono stati discretamente incoraggianti: fra le donne a cui era stato diagnosticato il disturbo in anticipo, questo si è realmente verificato nel 75% dei casi (vuol dire che resta comunque un margine di errore nel test, ovvero un buon numero di donne alle quali era stata diagnosticata la preeclampsia ma che poi non hanno manifestato il disturbo).
Non è stato ancora reso noto quando questo test sarà disponibile al pubblico, ma gli scienziati sperano di poterlo lanciare sul mercato entro la fine di quest’anno. la diagnosi precoce della preeclampsia permetterebbe ai ginecologi che hanno in cura le neomamme di apportare semplici modifiche ai piani terapeutici delle loro pazienti prima che il disturbo si manifesti in forma più grave.
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Fonte: Nature
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