Gastrite psicosomatica, il bruciore che viene da dentro e ti parla di te

La gastrite ha spesso un'origine psicosomatica: il linguaggio del corpo parla di una difficoltà a "digerire" una o più esperienze della nostra vita

La gastrite è brutta. Non c’è dubbio però che quel bruciore di stomaco che si presenta spesso, dopo un pasto ma anche a digiuno, magari accompagnato da altri sintomi (come la nausea, il gonfiore addominale, la perdita di appetito) parla di noi. Il linguaggio del corpo è chiaro anche se si esprime simbolicamente, attraverso le funzioni dei differenti organi. Come ampiamente riconosciuto dalla psicosomatica, è come un codice che ci allerta su aspetti che, fino a quel momento, avevamo evitato di considerare.

Restiamo sullo stomaco: svolge una funzione digestiva, successiva alla masticazione. La digestione avviene grazie all’azione dei succhi gastrici, estremamente acidi, formati da varie secrezioni enzimatiche e dall’acido cloridrico. A quel punto il cibo, diventato “chimo” può arrivare all’intestino pronto per essere poi assimilato e metabolizzato.

Quando il processo digestivo funziona perfettamente abbiamo, anche, una buona capacità di “digerire” le esperienze che incontriamo nella nostra vita; se pure ci sono difficoltà, fatiche, “bocconi amari” (il linguaggio popolare non è mai casuale!) riusciamo a trovare, in un qualche modo, le risorse per affrontarli (o masticarli) e poi digerirli, lasciarli in qualche modo andare senza che “ci restino sullo stomaco”.

Se però queste situazioni si ripetono spesso o quando, per la loro forza, rappresentano dei continui “pugni allo stomaco” (sentiamo che vanno ad attaccare, denigrare, sminuire la nostra persona o le aspettative su cui avevamo riposto i nostri sogni, quindi diventano minacciose per il nostro futuro), il corpo – attraverso il sintomo bruciante – ci dice chiaramente: nella tua vita c’è qualcosa che non riesci a digerire; prenditene cura!

Far finta di niente non funziona più. “Ingoiare il rospo” non funziona più. Stress, dispiaceri, attacchi personali che si sono ricevuti da persone care o da soggetti a cui non si può rispondere “per le rime”: tutti o uno di questi bocconi indigesti hanno oltrepassato il limite. La rabbia, il risentimento per le ingiustizie o perché le cose non vanno come si vuole, l’ansia sono brucianti (pure se a volte uno neanche se ne rende veramente conto, di “covare” queste emozioni). Concretamente la possibilità di contenimento e “gestione in automatico” di questo “cibo” che si percepisce come cattivo, spiacevole, insopportabile è finito. La mucosa dello stomaco non ce la fa più.

Il bruciore che viene da dentro, il linguaggio chiaro della gastrite, ci invita a prenderci cura di noi. Parla della sofferenza dell’anima, costretta in situazioni che non le appartengono; ad un altro livello ancora, indica il cammino che il Sè vorrebbe fare: verso un’espressione autentica, che coglie le esperienze della vita come sfide per crescere, migliorare, prendersi la responsabilità ed agire di conseguenza con scelte, orientamenti, decisioni.

La gastrite, quindi, per quanto a qualcuno questa possa sembrare una visione un po’ originale, di fatto è un’alleata (scomoda, d’accordo) della persona. Invita ad osservare, con attenzione e intenzione, cosa della nostra vita non fa per noi. Quale esperienza, volenti o nolenti, ci sta facendo male. Ci spinge prima a riflettere e ragionare sul concetto di “digeribilità” e poi ci invita a fare un salto di consapevolezza: riconoscere l’insegnamento e lo stimolo che ci portano gli eventi e quindi farne tesoro, non soltanto a parole ma anche nei fatti.

Naturalmente sono utili e fondamentali tutti i rimedi naturali o allopatici per curarla; ottimo fare del movimento attivo (tanto meglio se nella natura) per scaricare le tensioni accumulate. Ma ogni terapia sarà più completa e profonda se terrà conto anche dell’informazione – per la coscienza – che la gastrite porta in sé.

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