Nelle loro terre ancestrali, unica fonte di sostentamento, adesso c’è la centrale idroelettrica di Hidroituango, un progetto faranoico che ha distrutto i villaggi degli indigeni Nutabe in Colombia e messo a dura prova la loro sopravvivenza.
Nelle loro terre ancestrali, unica fonte di sostentamento, adesso c’è la centrale idroelettrica di Hidroituango, un progetto faranoico che ha distrutto i villaggi degli indigeni Nutabe in Colombia e messo a dura prova la loro sopravvivenza.
Entrerà in funzione nel 2020 e produrrà 2400 megawatt di energia con 8 turbine. Una centrale alta 220 metri e costruita laddove i Nutabe vivevano da sempre, difendendo le loro terre ancestrali. Ma nonostante i tentativi di boicottare l’impresa di costruzione, alla fine la tribù indigena ha dovuto cedere. Lo scorso anno Isabel Cristina Zuleta, portavoce del Movimento Rios Vivos aveva denunciato la sparizione di molti componenti dei Nutabe, i cui corpi non sono mai stati ritrovati.
“La perdita della terra e dei territori ancestrali rappresenta per i Nutabe la più grande crisi della loro storia. Perdendo i territori ancestrali, questa popolazione perde anche lo stile di vita, le abitudini e le fonti di sussistenza”, sottolinea Isabel Cristina Zuleta.
Prima della costruzione della diga, i Nutabe vivevano sulle rive del Cauca, dedicandosi alla pesca e all’allevamento e alla ricerca di oro. Una vita tranquilla e dignitosa interrotta brutalmente da un ecomostro che li ha costretti a spostarsi forzatamente. Molti sono finiti in villaggi vicini, ma tanti altri vivono in campi e rifugi umanitari.
I Nutabe, come tanti popoli indigeni hanno perso la loro casa e la loro dignità per colpa delle lobby che ancora una volta hanno messo gli interessi economici davanti ai diritti umani.
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Dominella Trunfio