Anguria o cocomero, qual è il nome corretto e quale l'espressione dialettale? Ogni regione d'Italia ha il suo modo di chiamarlo. Il nome del frutto dell'estate racconta una storia complessa che parte dall'antico Egitto.
Bello fresco ricco di acqua, vitamine e licopene ed è il cibo più amato dell’estate. La sua bontà è indiscussa, ma il suo nome ha sempre generato dubbi e fraintendimenti: si dice cocomero o anguria?
Perfino l’Accademia della Crusca è intervenuta sulla questione per rinfrescarci (anche) le idee. Non è la prima volta che i linguisti devono affrontare un argomento del genere. I colpevoli sono sempre i nomi delle piante e dei frutti appartenenti alla famiglia della zucca, le Cucurbitacee, a cui fa capo anche il protagonista del nostro articolo. In questo limbo della nomenclatura, infatti, troviamo anche zucchino o zucchina, melone o popone. Ma cocomero o anguria resta la controversia più difficile da dirimere.
Gli accademici toscani sono chiari e propendono per il termine cocomero:
“anguria è variante settentrionale per il toscano cocomero; il nome entra in italiano attraverso il veneziano dal greco tardo angóuria plurale di angóurion ‘cetriolo’ (Mattioli, av. 1577 scrive: “Chiamiamo noi Toscani le angurie, cocomeri” e Carena nel Nuovo vocabolario italiano domestico del 1869 chiarisce: “Questo cucurbitaceo, il cui nome linneano è Cucumis Anguria, i Toscani chiamano Cocomero, i Lombardi Anguria, così i primi lo denominano dal genere, i secondi dalla specie”). E, considerando altre varietà regionali, “A Napoli il cocomero è detto melone d’acqua (melon d’eau) e melone da pane, il popone. In Calabria, zi pàrrucu (zio parroco), cioè rubicondo come il volto del parroco” (Panzini, Dizionario moderno, 1942). Il cocomero è comunque la forma panitaliana. Nello slittamento settentrionale dei termini, cocomero indica il cetriolo (sempre Panzini: “In Lombardia poi chiamano ‘cocomero’ (cocùmer) quello che altrove si chiama ‘cetriolo’ e si prepara sotto aceto. Similmente a Genova”).
Anche il dizionario Hoepli riporta cocomero come il termine più adeguato, perché riprende la definizione botanica. Proviene infatti dal latino Cucumis citrullus e viene usato in tutta l’Italia centrale. Al Nord, invece, anguria la fa da padrona: secondo il dizionario, le sue referenze storiche sono così alte che ha pieno diritto di cittadinanza nella lingua italiana e può essere usato al posto di cocomero. Infatti il termine anguria è giunto fino a noi con la dominazione bizantina intorno al VI secolo d.C. e si è poi diffuso attraverso l’Esarcato di Ravenna. Mica male come pedigree di un prodotto ortofrutticolo, no?
La questione lessicale diventa ancor più complicata se scendiamo lungo lo stivale. Al Sud, infatti, l’espressione comune è melone d’acqua, per distinguerlo dal melone di pane (quello che nel resto d’Italia è conosciuto semplicemente come melone e in Toscana è chiamato popone). Se non vi sentite abbastanza confusi, sappiate che in alcune zone della Lombardia, del Piemonte e del Mezzogiorno chiamano cocomero il cetriolo!
La sua etimologia si intreccia con una storia altrettanto lunga e affascinante. È il frutto commestibile di una pianta dell’Africa tropicale, coltivata già all’epoca degli antichi Egizi. Questi credevano fosse un frutto magico, originato dal seme del dio Seth, e lo seppellivano nelle tombe dei faraoni affinché lo gustassero nell’aldilà. Ne sono testimonianza le numerose rappresentazioni nelle tombe. Viene citato perfino nella Bibbia, dove gli Ebrei, assetati nel deserto del Sinai, rimpiangono i frutti succosi e rinfrescanti mangiati in Egitto. In Italia, poi, il cocomero arriverà intorno al 1100, a seguito delle Crociate, ma il nobili già lo conoscevano con il nome di angóurion.
Una storia antichissima e intercontinentale, dunque, che rivive nelle mille sfaccettature dei suoi tanti nomi. Tuttavia, come diceva Shakespeare, cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo cocomero, anche con un altro nome, conserva sempre il suo sapore delizioso!
E voi, come lo chiamate nel vostro dialetto?
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