Il turismo è responsabile di quasi un decimo delle emissioni di gas serra e i voli ne rappresentano una componente importante. E’ quanto emerge da un nuovo studio pubblicato su Nature Climate Change da un team delle università australiane di Sidney e del Qeensland.
Il turismo è responsabile di quasi un decimo delle emissioni di gas serra e i voli ne rappresentano una componente importante. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato su Nature Climate Change da un team delle università australiane di Sidney e del Qeensland.
Quanto costano i nostri viaggi?
Lo svela “The carbon footprint of global tourism”, un’analisi sull’inquinamento provocato dal turismo che è un’industria globale in continua crescita che vale più di 7 trilioni di dollari e da lavoro a una persona su dieci.
Come si legge nello studio:
“L’impronta globale delle emissioni di gas serra legate al turismo globale è quattro volte maggiore rispetto alle stime precedenti, sta crescendo più velocemente del commercio internazionale ed è già responsabile di quasi un decimo dei gas serra globali”.
Lo studio è stato condotto dall’Integrated Sustainability Analysis supply-chain research group dell’Università di Sydney e per la prima volta, quantifica l’impronta di carbonio in ben 189 paesi non limitandosi come era stato fatto nei precedenti, solo a hotel, infrastrutture ed eventi solo in alcune zone del mondo.
Tra il 2009 e il 2013, l’impronta di carbonio globale del turismo è aumentata da 3,9 a 4,5 Gt di CO2 equivalenti, ovvero quattro volte più delle stime precedenti, pari a circa l’8% delle emissioni globali di gas serra. Sono stati presi in considerazione shopping, trasporti e cibo.
Credit: University of Sydney
Chi inquina di più?
In cima alla classifica dell’impronta di carbonio ci sono gli Stati Uniti, seguita da Cina, Germania e India. I colpevoli sono i viaggi interni e i viaggi d’affari che non possono essere distinti dal turismo. Invece, chi viene da Canada, Svizzera, Olanda e Danimarca esercita un’impronta di carbonio molto più elevata all’estero che nel proprio Paese.
Secondo Arunima Malik, principale autrice dello studio:
“Quando le persone più ricche viaggiano tendono a spendere di più per i i trasporti con emissioni di carbonio più elevate, il cibo e gli acquisti. Se sono visitatori provenienti da Paesi ad alto reddito, in genere spendono fortemente per viaggi aerei, negozi e ospitalità dove vanno, ma se i viaggiatori provengono da Paesi a basso reddito spendono di più per il trasporto pubblico e il cibo non trasformato, i modelli di spesa sono diversi per le diverse economie da cui provengono”.
Da sottolineare rimane il fatto che gli impatti più grossi del turismo sono nelle piccole isole e nelle località sciistiche. In Paesi come le Maldive, Mauritius, Cipro e Seychelles, il turismo internazionale rappresenta tra il 30% e l’80% delle emissioni nazionali.
Come dicevamo, lo studio stabilisce che sia i viaggiatori internazionali che le entrate del turismo sono cresciuti dal 3 al 5% all’anno superando la crescita del commercio internazionale. Per questo nello studio è stata analizzata tutta la catena di approvvigionamento partendo dai souvenir e finendo ai voli.
La conclusione è che:
“Le piccole isole attraggono una quota sproporzionata delle emissioni di carbonio attraverso gli arrivi internazionali, mentre gli Stati Uniti sono responsabili della maggior parte delle emissioni generate dal turismo in generale”.
E consigliano: volare meno e pagare di più per ridurre le emissioni di carbonio. Una raccomandazione che di certo non metterà d’accordo proprio tutti.
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Dominella Trunfio