In occasione della Giornata Mondiale del Turismo dobbiamo riflettere sul nostro modo di viaggiare e possiamo così cominciare a farci stuzzicare dall'idea di nuove mete. Il Ruanda...perchè no?
Settembre, un nuovo inizio. Molti di noi conservano ancora ricordi freschi di mete estive in diversi angoli del mondo. La ricorrenza di oggi, la Giornata Mondiale del Turismo 2011, dev’essere un’occasione per rielaborare questi ricordi e interrogarci sul nostro modo di fare turismo. Quale impatto hanno i nostri viaggi sul benessere del pianeta? Le culture locali e gli ecosistemi naturali possono giovare o soffrire del fenomeno del turismo ed è nostra responsabilità prendere atto delle conseguenze delle nostre scelte.
Esistono diversi modi di viaggiare in modo sostenibile e in molti paesi un tipo di turismo rispettoso e attento ha già dimostrato di saper generare svariati effetti benefici. In Europa, la giornata mondiale del turismo si festeggia a Bruxelles, capitale dell’Europa e del Belgio. Vediamo allora che ne è del turismo oggi in Ruanda, un paese la cui storia è stata a lungo intrecciata a quella del Belgio e che, con un periodo di tragica e sanguinosa storia alle spalle, non è ancora considerato come una comune meta turistica.
Il Ruanda ha saputo creare un modello di ecoturismo di successo. In questo paese in cui in molto luoghi, come il parco dei vulcani, la natura è rimasta incontaminata, vivono tredici famiglie di gorilla e il Ruanda rimane il solo paese al mondo a ospitare i gorilla di montagna allo stato brado.
Il Monte Karisimbi, parte della catena Virunga situata al confine con la Repubblica Democratica del Congo, ospita la più grande famiglia di gorilla al mondo, composta da circa 40 membri, ed è una meta estremamente difficile da raggiungere anche per i turisti più determinati. La spedizione prevede l’attraversamento di una foresta di bambù e di un tratto di foresta tropicale dove a partire da una certa altitudine è necessario farsi strada a colpi di machete (per fortuna compito esclusivo delle guide locali!). I piccoli gruppi di turisti esploratori sono accompagnati da guardie armate per difendersi da possibili attacchi di animali feroci tra cui elefanti e bisonti. Dopo cinque ore di cammino in salita, una volta giunti nel profondo della foresta è possibile, con un po’ di fortuna, aggiudicarsi il privilegio di un incontro ravvicinato con la famiglia di gorilla Susa. Si può osservare il gruppo, lasciarsi affascinare dalle sue dinamiche, dalla disciplina imposta dal maschio dominante, dai giochi dei più giovani, dall’espressività dei loro corpi e dalle interazioni così “umane” di tutti i membri.
Assistere a questo spettacolo è ancora possibile grazie ad un pionieristico progetto di ecoturismo portato avanti già da diversi decenni che ha salvato la popolazione di gorilla locale da una probabile estinzione. Alla fine degli anni ’70 il governo ruandese varò un progetto per la conversione di circa 5.000 ettari di terreno popolato dai gorilla per l’allevamento di bestiame che si stimava avrebbe generato profitti di 70.000 dollari all’anno. Il progetto di conversione era ritenuto necessario per il benessere economico del paese. Allo stesso tempo un gruppo di ambientalisti americani che si trovava a svolgere delle ricerche sulla fauna locale e in particolare sui gorilla avanzò un’altra proposta: abbandonare la riconversione e proteggere l’ecosistema naturale attraverso un progetto di ecoturismo. Grazie all’opera di persuasione degli studiosi Bill Weber e Amy Wedder, il progetto di riconversione fu accantonato per lasciare spazio alla fondazione del Parco dei Gorilla. Non è stato facile aggiudicarsi l’appoggio di una popolazione locale bisognosa di terra da coltivare, ma a distanza di anni i ruandesi sono fieri del loro patrimonio naturale unico e prezioso.
Il modello di ecoturismo funziona in altri luoghi come in Ruanda, ma spesso i cosiddetti viaggi “responsabili” sono offerti a prezzi ancora elevati e rimangono l’esclusiva di una fetta privilegiata di viaggiatori.
I limiti di budget però non devono costituire un freno per il rispetto dell’ambiente e delle culture locali. Ogni viaggiatore ha a disposizione gli strumenti per comportarsi in modo responsabile. Tutto sta nel tenere presente alcuni semplici accorgimenti che coinvolgono in primo luogo la scelta della meta, dei mezzi di trasporto e del cibo da consumare sul posto. Bisogna prima di tutto convincersi che il viaggio comincia molto prima della partenza: è una lunga avventura fatta di ricerche e decisioni consapevoli.
E per chi non sa da che parte cominciare, il WWF ha preparato una lista di consigli rivolti alle tre fasi ugualmente importanti di un viaggio: la progettazione pre partenza, la sua realizzazione e le riflessioni da fare dopo il ritorno.
L’organizzazione di un viaggio responsabile richiede un processo tanto lungo quanto appassionante, non sembra dunque così assurdo cominciare a pensare all’estate 2012. Forse così il prossimo 27 settembre potremo dirci fieri delle nostre scelte.
Foto: Emanuele Pavarotti
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