Per questo mi ero iscritto al Wwoof (Willing Workers on Organic Farms) Australia per spostarmi come volontario in aziende o piccole realtà familiari che seguono i principi di un'agricoltura sostenibile. A fine marzo ero capitato nella Byron Shire, la contea di Byron Bay, recente meta di molti giovani backpacker e da oltre trent'anni di una variegata popolazione composta di discepoli di Osho, maestri di yoga, naturopati, contadini biologici e biodinamici di mezzo mondo.
Mullumbimby, Nuovo Galles del Sud. La luce filtra tra le tende, è presto ma sono già sveglio. Non importa il sonno arretrato, la stanchezza, scosto la coperta e sono in piedi. Con fare delicato, per non fare rumore, percorro i pochi metri fino alla cucina, il sole si sta alzando, è luce che inonda la stanza riflettendosi su gli oggetti di metallo. Apro la porta di casa e sulla terrazza di legno respiro profondamente, assorbo con gli occhi il verde bagnato di rugiada che brilla, una statua indiana come una divinità benevola sembra custodire un angolo di orto. Nel sentiero che va verso la collinetta trovo la pianta di tulsi, prendo qualche foglia e scendo.
La teiera di vetro pirex ribolle, spengo il fuoco e getto dentro le foglie del tulsi o basilico sacro. Sono sveglio e pronto ad accogliere la giornata. Deborah, la padrona di casa, mi ha organizzato un’intervista, la voce di un italiano sulla realtà del cibo a km 0, su Slowfood e tutta la realtà che ruota attorno ai mercati contadini a filiera corta, ai prodotti biologici può avere un valore aggiunto per l’associazione di cui fa parte. Sorrido, non mi sento così importante da rappresentare nessuno, ma in fondo sono anni che mi interesso a queste tematiche, trasmettere quello che so in inglese sarà ancora più divertente.
È maggio ed è giorno di mercato a Mullumbimby, nel Nuovo Galles del Sud non lontano dal Queensland. Faremo l’intervista e poi andremo un po’ fuori dal centro abitato, costituito da un asse principale e tre strade laterali, dove si tiene il Farmers market, in cui i produttori della zona si trovano per vendere i loro prodotti.
Sono le 9, nonostante sia autunno inoltrato nell’emisfero sud, il clima sub-tropicale è mite e il sole scalda. Susy arriva con la videocamera, mi fa sistemare e comincio a parlare della realtà italiana, di quello che ho potuto vedere nei mercati contadini di Bologna, all’incontro di Terramadre a Torino del 2008, della diffusione dei prodotti biologici e di una nuova consapevolezza alimentare anche in risposta alla crisi economica. L’inglese esce all’inizio impacciato poi l’entusiasmo del discorso rimuove le barriere psicologiche e in qualche modo riesco a trasmettere l’idea di una realtà dinamica e in pieno sviluppo.
Casa tradizionali con pannelli fotovoltaici. Mullumbimby
Verso le 10 siamo in macchina per andare al piazzale dove si tiene il mercato. Susy ci accompagna per intervistare i produttori che ogni settimana si incontrano per offrire i loro prodotti, in gran parte biologici e locali. Il mercato è nato dall’iniziativa di Mullum Action, un’associazione di cittadini preoccupati dalla volontà di aprire un punto vendita di una delle più grandi catene di distribuzioni australiane, Woolworths, a Mullumbimby. Il centro commerciale, che deve soddisfare l’intera contea, rischia di piegare l’economia locale, rovinando i piccoli negozi a conduzione familiare e impegnati da anni a diffondere prodotti biologici e locali. Mesi di battaglie legali e manifestazioni, con il coinvolgimento anche degli aborigeni locali, che impugnando il diritto di possesso ancestrale dei terreni destinati al centro commerciale cercano di evitarne l’apertura. I giochi però sono già stati decisi a livello statale, a Sydney, capitale del Nuovo Galles del Sud. La coesione e la presa di coscienza dei cittadini ha portato tuttavia a trovare delle soluzioni alternative piuttosto che il solo scontro diretto contro il colosso commerciale.
Bandiera aborigena, sit-in contro Woolworths
Il parcheggio è pieno di macchine, gli Australiani amano svegliarsi presto e molti di loro hanno già fatto la spesa. Una ventina di bancarelle fanno da cornice a quella che sembra una piccola fiera, tra la musica dal vivo, i cuochi giapponesi che fanno sushi insaporito con verdure della zona, i crudisti che vendono dolci e quiche vegane, la famiglia che vende olive e olio prodotti seguendo dei procedimenti imparati in Sicilia, un ebreo di origine tunisina che offre prodotti mediorientali, lo stand dei frutti aborigeni dal sapore aspro, i ragazzi che vendono il caffè biologico coltivato a pochi km da qui sulle colline a ovest e banane, che il clima permette di far crescere tutto l’anno. Lascio parlare i colori, i sapori dei cibi per me nuovi, come i vari tipi di miele, che in Australia hanno sfumature completamente diverse da quelli italiani grazie alla presenza di decine di eucalipti che fioriscono lungo tutto il corso dell’anno. Mi lascio sorprendere da un formaggio di capra fresco che non ha molto da invidiare da quelli che ho assaggiato in Francia. La musica dal vivo di una piccola band e il vociare allegro delle persone trasmettono un’aria di festa. Intorno a me le colline di questa piccola valle a pochi km dal Pacifico, un angolo di mondo dove sono capitato per caso nel mio viaggio in Australia.
Eucalipto della zona di Byron Bay
Ero partito dall’Italia a fine gennaio, con l’idea di migliorare il mio inglese e di cambiare rotta. Il viaggio per me non è semplice turismo, quell’andare per luoghi come a succhiarne velocemente l’anima da mettere poi su un blog o su qualche post su Facebook, è primordiale nomadismo, l’abbandono forzato delle proprie certezze, il desiderio di risvegliarsi, affidarsi all’ignoto e lasciare che il cervello crei nuovi connessioni, nuovi modi di percepire se stessi e quindi il mondo. Per questo mi ero iscritto al Wwoof (Willing Workers on Organic Farms) Australia per spostarmi come volontario in aziende o piccole realtà familiari che seguono i principi di un’agricoltura sostenibile. A fine marzo ero capitato nella Byron Shire, la contea di Byron Bay, recente meta di molti giovani backpacker e da oltre trent’anni di una variegata popolazione composta di discepoli di Osho, maestri di yoga, naturopati, contadini biologici e biodinamici di mezzo mondo.
Il punto più a est dell’Australia – Byron Bay
A metà degli anni ’70 i prezzi dei terreni agricoli erano crollati e alcuni hippy venuti lì da tutta l’Australia e rimasti nella zona dopo un festival dell’Acquario avevano comprato delle proprietà. In breve, il passaparola all’interno della cosiddetta controcultura aveva attirato numerose persone, dalla Francia, la Germania, Israele o i paesi dell’America Latina, in cerca di un ritiro buddhista, una comunità autogestita o un semplice luogo dove costruirsi la casa senza spendere molto e godere della florida economia australiana con in più i benefici del clima sub-tropicale.
La spiaggia di Byron Bay al tramonto
Nel 2010, quando mi trovavo lì, molte di queste esperienze erano ancora vive, nonostante i prezzi degli immobili fossero saliti alle stelle e un’ottica commerciale e turistica avesse trasformato il paesino di Byron Bay, da villaggio di pescatori e hippy, in un luogo dove diverse star ambivano a costruirsi la villa e le cui strade la sera erano invase da giovani europei o nord americani con la sola voglia di fare festa. L’attrito con la società dei consumi degli anni’80 e 90′ aveva forse ridimensionato certe esperienze ma aveva anche spinto alla creazione di nuove soluzioni. Altre comunità erano nate, ora chiamate ecovillaggi, basate su principi diversi rispetto all’ondata utopica degli anni passati.
La Permacultura è uno dei principali strumenti ampiamente diffusi nell’area di Byron Bay. Compendio di teorie e pratiche tradizionali e moderne, nata in Australia negli anni ’70, la permacultura è un promettente approccio non solo alla gestione delle risorse ambientali ma anche ai rapporti di produzione e distribuzione di beni e informazioni, nonché dei conflitti all’interno delle comunità. Bill Mollison, il suo fondatore, costruì proprio in quest’area, nel cratere vulcanico di Mount Warning la celebre Tagari farm, una proprietà di circa 60 ettari progettata secondo i principi da lui elaborati. Altro pioniere della permacultura a lavorare nella zona di Byron Bay è Geff Lawton che da anni viaggia in tutto il mondo per formare consulenti e per sviluppare progetti innovativi, specialmente in Giordania. La permacultura in Australia ha ormai fatto il salto di qualità da pratica elitaria a movimento di pensiero conosciuto e apprezzato da molti cittadini, che con passione si dedicano a creare orti sinergici nei loro giardini o costruire sistemi di fitodepurazione e persino case in terra cruda e paglia.
Mount Chincogan, Mullumbimby
Tutto questo fermento culturale è accompagnato da una crescente consapevolezza riguardo alla salute che stimola la diffusione di prodotti biologici e terapie olistiche.
Mullumbimby, dove risiedevo, era meno toccato dal turismo e preservava la sua aria di tranquillo paese di campagna, con poche case e pochi negozi, molti dei quali erboristerie o venditori di frutta e verdura biologiche, con qualche ragazzo scalzo a dare un’aria di altri tempi o forse di quello che potrebbe essere il mondo nell’immediato futuro: una zona rurale diventata una specie di distretto verde dove vivono e lavorano massaggiatori, naturopati, agopuntori, artisti, giornalisti o lavoratori del settore dell’information technology, che comprano i prodotti biologici coltivati nella zona, che mandano i propri figli nella locale scuola steirneriana, una tra le più grandi d’Australia, dove i tetti delle case sono ricoperti di pannelli fotovoltaici, dove si respira un’aria rilassata e amichevole. Una zona con un‘economia virtuosa, in transizione verso nuovi modi di produrre e scambiare non solo merci ma anche saperi, ancora attraversata dai conflitti con i proprietari terrieri conservatori o con l’apertura di un centro commerciale, eppure sufficientemente coesa da organizzare reti solidali come i farmers market o le associazioni di vicinato dove si imparano le tecniche per fare un buon compost dagli scarti della cucina e dell’orto o prodursi detersivi.
Luca Vivan