Messico: volontaria nel programma di protezione dell’Ecosistema marino ad Akumal

Volontaria partecipa al programma di protezione dell'Ecosistema marino messicano denominato "Programa de Protección de Ecosistemas Marinos"

Lo spagnolo mi ha sempre fatto sorridere, ascoltarlo per un italiano è quasi come ascoltare un bambino che possiede un’esuberante passionalità e che storpia un po’ le parole. Non è però solo questo il motivo per cui divento di buonumore quando leggo la frase che, eroica, primeggia sul mio attestato di partecipazione al programma di volontariato ad Akumal: ‘Por Su Valiosa Participaciòn en el Programa de Protección de Ecosistemas Marinos‘. Il sorriso si apre soprattutto quando ricordo le sensazioni di scoperta e di serenità che mi dava anche solo una semplice passeggiata a piedi nudi sulla sabbia.

Akumal si trova in Messico nella penisola dello Yucatan sul lato che si affaccia sul Mar dei Caraibi. Sta fra Sian Ka’an, “Porta del Cielo” in lingua Maya, e Cancún, “Nido di Serpenti”. La penisola dello Yucatan è stata la culla della cultura Maya e ancora oggi è frequente sentire qualcuno salutarsi o chiacchierare in Maya. I nomi che migliaia di anni fa gli indios hanno dato ai luoghi di questa regione sono in molti casi rimasti inalterati, probabilmente perché ne ricalcano così a pieno l’essenza che persino i conquistatori spagnoli hanno capito che sarebbe stato contro natura cambiarli. Quando sono arrivata ad Akumal per iniziare il mio programma di volontariato ecologico non ho avuto alcun dubbio sui motivi per cui i Maya l’abbiano chiamato “Il Posto delle Tartarughe”.

Pensavo sarebbe stato strano per me vedere una tartaruga e invece senza che me ne accorgessi i ruoli si sono invertiti ed ero io la cosa strana nel “posto delle tartarughe”, non lei. Mi è bastata la prima nuotata per vederne una. Subito dopo, entusiasta, ho raccontato a dei ragazzi che avevo visto una tartaruga, e loro: “sólo una?”.

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I miei compiti di volontaria erano di monitorare lo stato dell’ambiente marino, in particolare quello della barriera corallina, e di partecipare ad un programma di protezione della baia. Il monitoraggio avveniva direttamente in acqua, nuotando e facendo immersioni. Mentre il supporto al programma di protezione della baia per me consisteva principalmente nel dare informazioni ai turisti su come comportarsi con l’ambiente circostante per evitare di perturbarlo.

I primi giorni ho dovuto imparare un bel po’ di cose sull’ecosistema in cui mi ero inserita. Uno dei biologi del centro mi ha parlato di coralli e di come spesso la presenza dell’uomo possa distruggere colonie vecchie di secoli. Ho imparato quale grossa importanza abbia la presenza sia di piante marine sia di grandi predatori fra i pesci. E la cosa più bella era che non si trattava di sole letture o presentazioni con foto. Io imparavo in acqua! Calpestando la spiaggia bianca del calcare lasciato dai coralli ci tuffavamo nel mare cristallino dei Caraibi. Si nuotava con amici d’ogni tipo, dai barracuda, che sembrano sempre fissarti minacciosamente con la loro mascella aperta, ai pesci pagliaccio, fra i più colorati e meno stitici pesci dei caraibi. I pesci pagliaccio mangiano i coralli con tutta la struttura calcarea lasciando spessissimo che evidenti scie di escrementi fluttuino in acqua. Insieme a loro pesci damigelle, che seppur minuscoli difendono tenacemente i loro giardinetti di corallo, pesci porcospino, che se si sentono minacciati riescono a gonfiarsi fino a sembrare diverse volte più grandi di quanto non siano realmente e pesci farfalla. Alcuni tipi di pesce farfalla sviluppano una grossa macchia sulla coda simile ad un occhio per dare l’impressione ai loro predatori di essere più grandi. E ancora razze, pesci angelo, murene e un’infinità di altri abitanti dei mari.

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Dopo i primi giorni di apprendimento è iniziato il monitoraggio vero e proprio. Questo consisteva in una campagna d’immersioni in una serie di siti prestabiliti. Ci s’immergeva muniti di cinta metrica, lavagnetta per appuntare i dati e barra per misurare dimensioni dei pesci e altezza delle strutture.

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A maggio è iniziato il periodo in cui le tartarughe di notte salivano in spiaggia per deporre le uova. Vedere una tartaruga deporre è stata una delle cose più emozionanti della mia vita. Per riuscire a farlo bisogna avere molta pazienza e questo spesso significa passare la notte sulla spiaggia camminando e aspettando. L’attesa però si riempie di emozioni. Si possono riconoscere le tracce che queste vecchie signore del mare lasciano quando uscendo dall’acqua salgono in spiaggia per dar vita ad una nuova generazione. Le uniche luci permesse durante l’attesa sono quelle della luna e delle stelle.

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E quando sotto uno splendido cielo stellato osservi le pinne di un’amica centenaria coprire con cura il nido appena riempito, capisci: le cose che ti fanno veramente felice, non si pagano.

Serena Avolio

Il racconto fa parte dell’iniziativa “Turisti per scelta…(green)

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