Ci sono posti in cui la bellezza del paesaggio si fonde col sapore inebriante del mito, luoghi incantati dove l’ambiente naturale è stato plasmato da gesta memorabili, scampoli di paradiso in cui si respira il soffio inesauribile della leggenda. Il mini arcipelago delle Isole dei Ciclopi è sicuramente tra questi. Un isolotto, 3 faraglioni e 4 scogli disposti a forma di arco al largo della costa catanese, nel tratto di mare del litorale di Aci Trezza, frazione del comune di Aci Castello
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Ci sono posti in cui la bellezza del paesaggio si fonde col sapore inebriante del mito, luoghi incantati dove l’ambiente naturale è stato plasmato da gesta memorabili, scampoli di paradiso in cui si respira il soffio inesauribile della leggenda. Il mini arcipelago delle Isole dei Ciclopi è sicuramente tra questi. Un isolotto, 3 faraglioni e 4 scogli disposti a forma di arco al largo della costa catanese, nel tratto di mare del litorale di Aci Trezza, frazione del comune di Aci Castello.
Dominata dalla figura imponente dell’Etna che si staglia sullo sfondo, questa fascia costiera della Sicilia orientale è una terra dall’atmosfera magica, un tempo popolata da esseri mitologici, eroi, animali fantastici, ninfe, Dei e titani.
Teatro di diverse leggende, la più poetica delle quali è senza dubbio la favola tragica dell’amore di Aci e Galatea, questa riserva naturale è costituita dall’isola Lachea, la più grande dell’arcipelago, tre Faraglioni (il Faraglione grande, il Faraglione piccolo e il Faraglione degli Uccelli) e 4 scogli. Istituita nel 1989, l’area marina protetta “Isola Lachea e Faraglioni dei Ciclopi” prende il nome dal mitologico incontro tra Ulisse e il ciclope Polifemo, episodio fondativo dell’intero arcipelago.
Dalla spiaggia di Aci Trezza, il colpo d’occhio è davvero suggestivo e richiama alla mente memorie di un passato leggendario.
Sassi che sembrano affiorati dall’acqua, come meravigliose gemme incastonate nella cornice dell’orizzonte, sospese tra cielo e mare. Onde che riverberano ancora gli echi dell’amore mitologico tra il pastorello Aci e la ninfa Galatea, massi che tuttora trasmettono la forza sovrumana del ciclope Polifemo, lanciati contro Aci per gelosia e finiti rotolando in mare. Rocce che testimoniano ancora oggi la furia del gigante, da lui scagliate per eccesso di collera nei confronti di Ulisse e dei suoi uomini, in un gesto leggendario che è all’origine mitologica dell’intero arcipelago, chiamato per l’appunto “Isole dei Ciclopi”.
Isole dei Ciclopi: il mito di Aci e Galatea
Narra le leggenda che in questo lembo della Sicilia orientale compreso tra l’Etna e il mare, vivesse una splendida ninfa chiamata Galatea, figlia di Nettuno. La giovane era innamorata del pastorello Aci, con cui soleva amoreggiare lungo una spiaggia della costa. Erano creature diverse, appartenenti a due mondi differenti: figlia del mare, Galatea era una Nereide, ovvero una delle 50 ninfe che avevano il compito di proteggere i marinai, mentre il regno di Aci era tra i boschi e le montagne.
Ogni giorno, al tramonto, i due si separavano, con la promessa di ritrovarsi all’indomani. Ma in quella zona viveva anche il ciclope Polifemo, gigante monocolo innamorato di Galatea. Polifemo era al servizio di Efesto, dio del fuoco, e lavorava nella sua fucina, all’interno del vulcano Etna, dove forgiava i fulmini di Zeus e altre opere mirabili come ad esempio l’armatura di Achille.
Il classico triangolo amoroso è illustrato da Galatea in questo passo tratto dalle Metamorfosi di Ovidio :
“Aci era figlio di Fauno e una ninfa nata in riva al Simeto:
delizia grande di suo padre e di sua madre,
ma ancor più grande per me; l’unico che a sé mi abbia legata.
bello, aveva appena compiuto sedici anni
e un’ombra di peluria gli ombreggiava le tenere guance.
Senza fine io spasimavo per lui, il Ciclope per me.”
Un giorno, Polifemo vide i due innamorati che si intrattenevano sulla riva del mare. Accecato dalla rabbia, sradicò alcuni alberi, quindi prese un masso gigantesco e lo lanciò contro Aci, uccidendolo. Il masso continuò la sua corsa e finì in mare, dando origine all’attuale isola di Lachea. Distrutta dal dolore, Galatea pianse tutte le lacrime del mondo, al punto che gli Dei ebbero pietà di lei. Trasformarono Aci in un fiume, e la ninfa in schiuma del mare, cosicchè i due innamorati potessero abbracciarsi per l’eternità.
Isole dei ciclopi. Il “sangue” di Aci
Il fiume Aci sgorga dall’Etna e scorre in gran parte sotterraneo, gettandosi in mare proprio in quel tratto di costa in cui s’incontravano i due innamorati. Qui, a testimonianza di quel tragico amore, c’è una sorgente d’acqua dolce dal caratteristico colore rossastro che i siciliani chiamano “u sangu di Jaci”, il sangue di Aci.
Il corpo del pastorello, smembrato in nove parti, venne scaraventato lontano da Polifemo, e dove ricaddero i vari pezzi vennero fondate nove località che presero tutte il nome dello sventurato pastorello come prefisso, seguito dal suffisso che contraddistingue i diversi centri abitati. (Aci Trezza, Aci Reale, Aci Castello, Aci Sant’Antonio, Aci Santa Lucia, Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci Platani e Aci San Filippo).
Ulisse e Polifemo
Quello di Aci e Galatea non è l’unico mito legato a questi faraglioni. Un’altra importantissima leggenda che aleggia nell’arcipelago è quella relativa all’incontro tra Ulisse-Nessuno e Polifemo, che simboleggia la vittoria dell’intelligenza e dell’astuzia sulla forza bruta. Questo mito, narrato da Omero nell’Odissea, racconta che Ulisse sbarcò con i suoi compagni proprio sull’isola di Lachea, causa della morte di Aci.
Il ciclope divorò sei dei suoi uomini, ma Ulisse riuscì a fuggire, ingannando Polifemo con un abile stratagemma. In preda all’ira, il gigante prese dei sassi e li scagliò contro i fuggitivi. Quelle pietre finirono in mare e formarono gli attuali faraglioni dell’arcipelago.
I Malavoglia di Verga e La terra trema di Visconti ambientati nelle isole dei Ciclopi
Uno scenario magico quello delle isole dei Ciclopi, terra di favolosi amori e avvincenti leggende. Un palcoscenico davvero unico, che ha affascinato anche la letteratura e il cinema. I faraglioni di Aci Trezza costituiscono infatti l’ambientazione dei Malavoglia di Giovanni Verga, nonché del film La terra trema di Visconti, ispirato al libro.
Visitare le isole dei Ciclopi
L’arcipelago è un paradiso naturalistico dove è possibile nuotare, immergersi o effettuare escursioni in barca. Visitare questi luoghi meravigliosi, in cui risuona ancora l’irresistibile richiamo dei racconti mitologici, rappresenta un’esperienza indimenticabile.
Dalla spiaggia di Acitrezza si possono ammirare i faraglioni in tutto il loro splendore, specialmente quando il chiarore dell’alba o la luce del crepuscolo le ammanta di un’aura incantata. Si può fare un bagno nel mare cristallino, inseguendo le suggestioni della favola di Aci e Galatea, alla ricerca di quei vortici in cui il pastorello fa sentire ancora oggi la sua presenza, attraverso spinte di acqua fredda e non salata provenienti dal fondale.
Isole dei ciclopi, cosa fare
Ci può tuffare nelle acque turchesi dell’arcipelago, praticando snorkelling o cimentandosi in immersioni più impegnative, che consentono di esplorare la straordinaria fauna sottomarina o le meraviglie archeologiche sommerse. Oppure si può prendere una barca o un battello con fondo trasparente per ammirare la ricca vita subacquea, costituita da praterie di Posidonia oceanica, numerosi pesci e da tutte le specie di invertebrati.
Tra di essi, oltre a polipi, molluschi e crostacei, spicca l’Alicia mirabilis, la più grande attinia del Mediterraneo. Tutta l’area della riserva costituisce un importante punto di convergenza tra la fauna ionica e quella tirrenica, nonchè un’area di ripopolamento marino.
Infine, si può noleggiare una canoa o un pedalò per raggiungere l’isola di Lachea, divisa in due parti da una grossa fenditura, una sorta di canyon naturale. Come i faraglioni, Lachea è di natura vulcanica, costituita da lave colonnari intercalate da materiale di natura argillosa. Qui vive una piccolissima lucertola endemica con una chiazza rossa sul collo, la Podarcis Sicula Ciclopica. Sull’isola si possono visitare il piccolo museo naturalistico e il laboratorio di biologia marina, oppure esplorarne la superficie, percorrendola fino alla sommità.
Qui, presso la grotta del monaco, si può godere di un panorama meraviglioso. Sullo sfondo risalta la maestosa figura dell’Etna, mentre sull’altro versante l’immensità del mare abbaglia la vista. E nelle calde giornate di sole, su quelle rocce accarezzate dalla brezza e lambite dalle onde, sembra quasi di avvertirlo, il tocco impalpabile del mito.
Angela Petrella
Foto cover: Wikipedia
Foto: Francesca Mancuso