Non si ferma la guerra delle spiagge. L'accordo appena raggiunto sulle concessioni balneari non ha fatto che accendere nuove polemiche fra i gestori degli stabilimenti
Dopo vari tira e molla, alla fine la maggioranza e il Governo sono giunti a un’intesa sulle concessioni balneari, uno dei punti più spinosi del Ddl Concorrenza. Ma l’accordo non ha fatto che creare ulteriori malcontenti fra i gestori degli stabilimenti e i sindacati, che accusano lo Stato di ostacolare il turismo, già messo in ginocchio dalla crisi legata alla pandemia. Il testo, infatti, si limita a stabilire che dovranno essere previsti degli indennizzi. Tuttavia, non fa che rimandare ai decreti attuativi per la definizione di questi ultimi. Adesso la palla passerà alla Commissione Bilancio del Senato e poi alla Commissione Industria che esaminerà il ddl. L’approvazione del provvedimento, invece, è prevista per il prossimo lunedì.
Nel testo sul quale si raggiunto un accordo è stata confermata la proroga delle concessioni al 31 dicembre 2024 nel caso in cui vengano fuori contenziosi o difficoltà nell’espletamento delle gare. Viene eliminata, invece, la norma che prevedeva la possibilità di far ottenere concessioni balneari alle società pubbliche titolari di altre tipologie di concessioni. Il problema principale è che al momento le modalità con le quali quantificare gli indennizzi resta ancorano ancora da chiarire.
Le polemiche dei gestori degli stabilimenti
È scontro tra il mondo della politica e la categoria dei balneari, visto che il provvedimento non ha portato a nulla di fatto e non fa che rimandare.
Il quadro politico che emerge dalla discussione in merito al ddl concorrenza sul tema delle concessioni balneari è confuso – denuncia Marco Maurelli, Presidente di Federbalneari Italia – Il Parlamento è in balia del Governo e del Consiglio di Stato e il profondo stallo che ne sta derivando mette a rischio sia l’assegnazione delle spiagge che la programmazione del turismo, che invece merita una riflessione attenta da parte delle istituzioni, considerato quello che rappresenta per la collettività e per l’economia del Paese.
A esprimere la sua profonda delusione verso l’intesa raggiunta anche Federbalneari, secondo cui quella in discussione “è una riforma inadeguata, decisa in modo frettoloso e non condivisa con la categoria dei balneari, che a partire dal 2024 avrà delle ripercussioni sui Comuni, ignari di cosa accadrà e dei contenziosi che ne deriveranno”.
Siamo molto preoccupati perché non si può stabilire una data a priori per la fine di un contenzioso, cioè il 2024, che il Comune potrà gestire solo rivolgendosi alla giustizia amministrativa, i cui tempi di gestione non sono prevedibili. Inoltre temiamo che il testo del ddl concorrenza, che andrà al vaglio della Commissione europea, rischi un’ulteriore bocciatura. – spiega l’associazione – Per tutte queste ragioni, chiediamo che la riforma si faccia nel rispetto delle imprese e non arrecando danni nei loro confronti e chiediamo al governo un tavolo di confronto meno frettoloso.
Altrettanto duro è il commento del Pesidente di Assobalneari-Confindustria Fabrizio Licordari, che nei giorni scorsi ha inviato una lettera-appello ai parlamentari “affinché venga fermata l’iniziativa della presidenza del Consiglio che si prefigge di mandare all’asta le piccole e medie imprese a carattere familiare con meccanismi tali che hanno il solo scopo di favorire i grandi gruppi e la finanza speculativa internazionale contro i quali, chi fa il nostro lavoro, nulla può.”
Partendo da una sentenza del Consiglio di Stato che ha tutto il sapore di una decisione politica e non amministrativa, che in sostanza si attribuisce prerogative proprie del parlamento, troviamo successivamente un’altra sentenza sempre del Consiglio di Stato che dichiara escluse dall’applicazione della direttiva le concessioni rilasciate prima del 2009. – sottolinea Licordari – Nonostante ciò il Governo ha iniziato un percorso attraverso un suo emendamento al disegno di legge sulla concorrenza che proietta le concessioni a gara ignorando proprio i principi fondamentali enunciati dallo stesso articolo 12 della direttiva Bolkestein, il primo dei quali statuisce che se la risorsa è ancora disponibile, non si applica la direttiva. Richiediamo perciò di conoscere le risultanze della mappatura delle concessioni demaniali e se dalla stessa emerga che è incompleta, di indurre l’esecutivo a rivedere le sue posizioni. Adesso si veicola la menzogna che la riforma deve essere fatta in nome del Pnrr, ma a pagina 76 del piano, la riforma del demanio non è prevista tra quelle che vincolano l’invio dei fondi all’Italia. È chiaro che qui ci sono interessi esteri forti per stritolare le nostre imprese, liberando il campo ad acquisizioni massicce da parte del grande capitale finanziario. Questa operazione studiata a tavolino è un danno per i beni pubblici e l’economia del Paese.
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Fonte: Mondo Balneare
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