A Moso in Passiria, piccolo e verdeggiante centro nella provincia autonoma di Bolzano, sorge una costruzione particolare. Si chiama "Bunker Mooseum" una galleria che, a dispetto del nome, non ha nulla a che fare con la guerra se non per i locali che la ospitano.
A Moso in Passiria, piccolo e verdeggiante centro nella provincia autonoma di Bolzano, sorge una costruzione particolare. Si chiama “Bunker Mooseum” una galleria che, a dispetto del nome, non ha nulla a che fare con la guerra se non per i locali che la ospitano.
Ricavato infatti in un ex bunker militare risalente agli anni ’40, una delle strutture difensive del vallo alpino, ospita oggi un museo dedicato al racconto della biodiversità e storia locale.
A realizzarlo sono stati un gruppo di ragazzi sui trent’anni con la voglia di realizzare qualcosa di diverso, interessante e innovativo. Un museo che incrocia i grandi fatti della storia con la vita locale, e si scopre allora che Moso ha avuto una grande tradizione partigiana grazie alle sue montagne.
Gli uomini che si erano ribellati al nazismo e al fascismo avevano infatti l’opportunità di rifugiarsi sulle irte pareti rocciose che bordano il villaggio, pareti che oggi appartengono al Parco Naturale Gruppo del Tessa un’aerea naturale strepitosa, dove si può trovare in natura il classico piano altimetrico di distribuzione della vegetazione studiato alle elementari.
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Il museo Bunker è stato realizzato nel 2009 ma è interessante scoprire, aggirandosi al suo interno, come le sue stanze siano state negli anni passati, centro di svago per bambini e giovani locali. Quando si cammina tra le sale del bunker si scopre il passaggio di generazioni musicali, dagli Who a Madonna, per finire con i primi amori e quelle scritte per sempre incise nel cemento a testimoniare “gli anni delle immense compagnie / gli anni in motorino sempre in due / Gli anni di “Che belli erano i film” / Gli anni dei Roy Rogers come jeans”.
Quando si arriva, ci si trova di fronte ad un lavoro architettonico impressionante che ha completamente trasformato il bunker, lasciando però evidenti i segni della struttura originaria. Sono infatti ben visibili, vangano per le sale interne, le vecchie tubature e i rafforzi in cemento armato.
E per chi volesse approfittare della visita al museo per fare un po’ di attività fisica non si dimentichi a casa, corda e scarpette. Sulla parete esterna del museo è stata infatti costruita una parete d’arrampicata artificiale e poco distante da questa si trova una falesia attrezzata. Entrambe di libero utilizzo, ricordando però le norme di sicurezza.
Gian Luca Gasca