Couchsurfing: viaggiare e condividere low cost

Couchsurfing: come funziona? Loyd è canadese e ha vissuto 10 anni a Londra. Adesso lavora sei mesi in una piattaforma petrolifera off-shore e i restanti sei mesi viaggiando e conoscendo gente in giro per il mondo. I soldi non gli mancano, ma preferisce affidarsi alla piattaforma Couchsurfing invece di ritrovarsi in anonimi alberghetti o in bed&breakfast inospitali.

Couchsurfing: come funziona? Loyd è canadese e ha vissuto 10 anni a Londra. Adesso lavora sei mesi in una piattaforma petrolifera off-shore e i restanti sei mesi viaggiando e conoscendo gente in giro per il mondo. I soldi non gli mancano, ma preferisce affidarsi alla piattaforma Couchsurfing invece di ritrovarsi in anonimi alberghetti o in bed&breakfast inospitali.

Perché quando si parla di couchsurfing, ormai, il concetto di vacanza low cost finisce per diventare secondario. Esploso come un sistema grazie al quale viaggiare ovunque nel mondo facendosi ospitare su un divano in casa di perfetti sconosciuti, il Couchsurfing si è rivelato un manifesto sociale a cui oggi quattro milioni di persone diffuse in 230 Paesi nel mondo aderiscono entusiasti.

L’idea originaria risale al 2004 quando Casey Fenton insieme con altri tre soci si mette in testa di dare vita a un network internazionale che consenta ai viaggiatori di entrare in contatto con i cittadini del luogo di destinazione. A sua volta, cinque anni prima aveva chiesto ospitalità agli studenti dell’Università di Reykjavik mosso dal desiderio di visitare l’Islanda insieme con gente del posto. Avendo trovato ampio riscontro alla sua proposta, pensò che fosse giunto il tempo di allargare la possibilità ad altre persone.

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Da allora, infinite sono le combinazioni tra viaggiatori e ospitanti rese possibili dal couchsurfing: americani in casa di tedeschi, francesi nel salotto di australiani oppure italiani, olandesi e polacchi in casa di un bulgaro (è successo a chi sta scrivendo). Entrare a far parte del circuito del Couchsurfing è semplice. Ci si può iscrivere selezionando l’opzione che più si confà al proprio stile di vita: è possibile ospitare o in alternativa dare semplicemente la disponibilità a liberarsi per un caffè, si può indicare quante persone possono essere accolte in casa, le eventuali preferenze di genere, di età e di provenienza. Una volta iscritti, il nostro nome e profilo appare tra le opzioni da considerare in corrispondenza della destinazione. Un messaggio di posta avverte se qualcuno ha richiesto ospitalità o compagnia. In genere, è buona norma proporre a più soggetti in modo da poter scegliere. Da qualche giorno è anche disponibile l’applicazione per smartphone attraverso la quale individuare i couchsurfer più vicini al punto geografico in cui ci si trova e contattarli direttamente.

E se poi ti ritrovi un pazzo che ti gira per casa?” È la prima obiezione che qualunque mamma italiana pone al figlio che cerca di spiegarle come funziona il meccanismo. Alla base del couchsurfing c’è la “fiducia”, concetto elastico che si basa sulla possibilità di valutare l’altro in base a regole trasparenti e condivise che ne decretano il livello di affidabilità.

Per garantire la fiducia all’interno del sistema, il network del Couchsurfing si fonda sulla responsabilità di ciascuno e sul reciproco cross-control. Sono gli stessi couchsurfer a decretare l’affidabilità dell’ospitato e dell’ospitante attraverso recensioni e commenti che ciascuno è tenuto a scrivere sul profilo dell’altro subito dopo averne fatto la conoscenza. Questo contribuisce a definire la reputazione di ciascun partecipante e a collocarlo all’interno di un ranking autodeterminato fatto dei giudizi di tutti.

Ogni volta che si riceve una richiesta di ospitalità o si intende essere ospitati da qualcuno, il profilo della persona conterrà le informazioni utili a compiere la scelta migliore. Lì si potrà sapere in anticipo se la casa dell’ospitante è in centro o in periferia, se ha un cane, se russa di notte o se c’è sufficiente igiene in bagno. Allo stesso modo l’altro potrà sapere tutto ciò di cui necessita su di noi e optare per darci ospitalità o meno. A quel punto, può anche accadere che il couchsurfer lasci le chiavi di casa agli ospiti e se ne vada per il week end. O che chieda aiuto a un amico se all’ultimo minuto si trova in difficoltà e voglia rispettare il patto tacito dell’ospitalità garantita stabilito dal semplice fatto di aderire al network (anche questo è accaduto a chi sta scrivendo).

Nel Couchsurfing esiste un’unica e inderogabile regola: non ci deve essere passaggio di denaro tra gli aderenti. Lo scambio si fonda sul principio del “dono”, una modalità di incontro tra valori d’uso in cui dare e ricevere si incontrano in maniera non strumentale all’arricchimento o al benessere dell’uno rispetto all’altro. In fondo è lo stesso principio che muove il baratto, gli swap party, i mercatini di scambio, il carpooling e tutte le altre forme di incontro che vanno sotto il nome di sharing economy. Quando si parla di couchsurfing a essere oggetto di condivisione è molto più di un divano scomodo e smollato: sono esperienze, parole, viaggi, racconti, vino, cibo, amore, sesso, sentimenti, passioni, hobby, etc

In Italia la comunità dei Couchsurfer è composta da 134mila persone e le statistiche dicono che più del doppio sono gli incontri recensiti come positivi. Tra loro c’è Giulia Taddeo che abita a Milano e lavora in una casa editrice. Si è iscritta nel 2005, ma ha iniziato a ospitare a partire dal 2009 quando è andata a vivere da sola e nel mini appartamento era compreso l’oggetto fondamentale: un due posti dell’Ikea. Lì sopra hanno dormito una trentina di ragazzi, generalmente in coppia, provenienti da tutta Europa. “Sono rimasta in contatto con molti di loro, in particolare con una francese che nella mail scrisse, basandosi sulle informazioni del mio profilo, che era come se fossimo gemelle di due nazionalità diverse: conoscendoci, ci accorgemmo che era propri così“.

Parlare di Couchsurfing è quindi parlare di qualcosa che va ben oltre la “vacanza a scrocco” (anche se il risparmio è una delle motivazioni che muove tutti i giovani backpackers che affollano i treni e le città di tutto il mondo). La mission della compagnia dice che “il CouchSurfing apre nuove strade verso un mondo migliore e più aperto, in cui persone differenti l’una dall’altra possano trovare le loro somiglianze. Siamo una comunità e un movimento“.

Viaggiare in couchsurfing non rientra tra le attività che fanno aumentare il PIL di un Paese. Contribuisce invece a migliorare lo stato d’animo del viaggiatore responsabile, a risparmiare risorse alberghiere e a rendere la visita in un paese straniero una finestra sulla vita e sulla cultura dei suoi abitanti.

Pamela Pelatelli

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