Come rivalutare i paesi abbandonati e riscoprire i borghi più belli d’Italia

Stanno nascendo diverse realtà che valorizzano borghi e paesi italiani abbandonati o semiabbandonati che rappresentano un patrimonio nn solo dal punto di vista turistico e vanno riqualificati e sostenuti

Tutti nella propria vita, almeno una volta, si sarà posto la domanda: “andiamo a vivere in città o in campagna?” In campagna la vita è sicuramente più salutare e a misura d’uomo, ma in città le opportunità di lavoro sono migliori, ci sono maggiori possibilità di relazioni, di conoscenze, di attività ludiche e culturali e così la popolazione tende sempre più verso le città. Le previsioni dell’ONU vedono una popolazione mondiale di 9,2 miliardi di persone, rispetto ai 6,7 del 2007 e un drastico aumento della popolazione nelle metropoli nelle aree costiere. Anche se in Italia circa un terzo delle persone vive ancora in campagna, la tendenza resta la stessa. Cosa resterà allora dei tanti paesi da cui provenivano i nostri nonni, agricoltori o artigiani?

Chi riesce a industrializzarsi e a creare attrattive per i giovani, spesso nelle aree limitrofe alle città, sopravvive, altri diventano paesi dormitorio, mentre gli altri sono destinati ad un progressivo spopolamento. Questo fenomeno, noto per le regioni meridionali, dove l’emigrazioni ha fatto diminuire del 50% o più gli abitanti, è in realtà ormai diffuso anche al nord, specie nelle aree montane. Nonostante lo scrittore friulano Marco Corona non si stanca di ripetere che è dal benessere della montagna che dipende la sopravvivenza della campagna, non c’è verso, la gente continua ad andarsene cosicché in Piemonte, Liguria, Marche, Friuli, Abruzzo sono decine i paesi abbandonati o semiabbandonati.

Cosa fare allora? Lasciare che questi borghi, spesso costruiti con secoli di fatiche e di attenzioni verso l’ambente, seguano il loro destino? Forse qualcosa si può fare. Se è vero che tanta gente, spesso giovane, si trasferisce verso le “zone calde” del pianeta, è anche vero che ci sono tanti altri, soprattutto under 30 che, come abbiamo visto, ricercano un po’ di pace e tranquillità, allontanandosi dalle selve urbane, sempre più sovraffollate e stressanti per riscoprire il piacere della terra.

Ecco quindi che c’è qualcuno che va alla ricerca di paradisi nascosti, li acquista e li recupera per finalità turistiche. Uno dei casi più interessanti è quello di Daniele Kihlgren, danese, che si è comprato un borgo, Santo Stafano di Sessanio, e ne ha fatto un albergo diffuso, ossia un albergo fatto dalle vecchie dimore degli abitanti del luogo (www.sextantio.it). La superficie acquistata è di 3500 mq e sono state recuperate 50 stanze, botteghe d’artigianato, cantine e una locanda. Gli abitanti stabili sono circa 120, una trentina le attività commerciali mentre l’albergo conta circa 7.300 presenze l’anno. Per il recupero, gran parte delle risorse provengono da istituti di credito (tre milioni), in parte da contributi pubblici a fondo perduto, e una parte (circa 400.000 euro) direttamente dalle tasche del sig. Kihlgren. Anche se questo esempio ha fatto scuola, ci sono molti altri esempi in giro per l’Italia, tanto che è nata un’associazione, l’associazione alberghi diffusi , che raccoglie tutte le iniziative di questo genere dalle Alpi alla Sicilia, ma anche una scuola internazionale di specializzazione in albergo diffuso (SISAD) che cerca di aiutare i Proprietari immobiliari, le Imprese gestrici e gli Enti locali a iniziare questo tipo di attività fornendo tutto il supporto didattico e informativo.

alberghi_diffusi

Il Club de “I Borghi più belli d’Italia” ogni anno tiene un festival che mira a promuovere la valorizzazione di queste aree dimenticate della penisola. Quest’anno la manifestazione si è tenuta nel Trentino, a Rango e San Lorenzo in Banale con convegni, cene e spettacoli. Ma se ci sono amministrazioni attente alla promozione del loro territorio, ce ne sono altre che invece non rispondono alle attenzioni di possibili investitori che potrebbero convogliare importanti risorse. Specie nel sud, molte amministrazioni si mostrano, poco attente, sospettose, forse invidiose della riscoperta dei loro tesori naturalistici e non rilasciano informazioni, autorizzazioni, dati, scoraggiando iniziative da parte di potenziali interessati.

Turismo_borghi

Un ricercatore di un Università del nord est d’Italia che intende restare anonimo ci dice: “ho fatto di tutto per avere informazioni sulla società di trasformazione urbana (STU) che si era costituita per riqualificare quel tratto di costa, in Puglia, ma dopo tante telefonate, lettere e contatti, non sono riuscito a parlare con nessun responsabile, né in Comune, né in Provincia, né in Regione. Alla fine ho lasciato perdere. A distanza di anni ho saputo che non se ne è fatto niente e non se ne farà niente perché mancano i soldi e mi è stato detto che forse ci sono legami con delle organizzazioni mafiose locali. È un peccato, perché si sarebbero potuti coinvolgere dei potenziali investitori dall’estero per creare un grande resort turistico“.

I capitali dall’estero sono importanti come testimoniano alcune esperienze in Toscana dove un gruppo Canadese ha riqualificato 600 ettari a Montingegnoli (SI) e altri 120 ettari a Castelletto Mascagni (SI).

Speriamo allora che sempre più amministrazioni si appoggino ad organizzazioni come il “I Borghi più belli d’Italia” o a professionisti, enti, società che si occupano di riqualificazione territoriale per incontrare persone competenti per la rivalutazione delle aree più segrete della penisola, da riscoprire e valorizzare (magari anche sull’esempio della Wye Community Farm inglese) per un turismo che non si accontenta delle visite mordi e fuggi dalle piazze di Venezia e Firenze, ma capace di andare alla scoperta dei sapori e dei colori delle campagne e delle colline.

Marco Onorati

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