Ecosia, il primo motore di ricerca ecologico. Tutto vero?

Non abbiamo avuto neanche avuto il tempo di gioire della nascita di Ecosia, il primo motore di ricerca ecologico, che ecco arrivare i primi dubbi.

Non abbiamo avuto neanche il tempo di gioire della nascita di Ecosia, il primo motore di ricerca ecologico, che ecco arrivare i primi dubbi.

A mettere per primo sotto la lente di ingrandimento il funzionamento e a sollevare i dubbi sulle reali intenzioni di Ecosia è il Disinformatico.it, il blog di Paolo Attivissimo, giornalista informatico e cacciatore di bufale mediatiche. Ma vediamo di capire cos’è che rischia di compromettere l’enfasi iniziale scaturita dalla nascita di Ecosia.

Ecosia.org, lanciato lo scorso dicembre e nato in partnership con Bing (di proprietà della Microsoft), Yahoo e Wwf (ma solo quello tedesco), afferma di avere come obiettivo finale quello di proteggere migliaia di ettari di foresta amazzonica. Dichiara infatti di finanziare, con l’80% dei propri ricavi (quindi del proprio fatturato), un progetto del Wwf che mira a proteggere la foresta pluviale nel Juruena National Park in Amazzonia.

Sul sito del motore di ricerca si legge infatti che ogni volta che un utente effettua una ricerca tramite Ecosia.org vengono “salvati” mediamente due metri quadrati di foresta pluviale. Ma in realtà le cose stanno diversamente. Il meccanismo di introiti che consente di salvare porzioni di foresta amazzonica scatta infatti soltanto se l’utente clicca sui link sponsorizzati, non quando l’utente effettua una ricerca. Ma concretamente come ha fatto Ecosia a mettere in salvo i 20,781,576 metri quadri (questo l’ultimo computo pubblicato sul sito) di foresta salvati fino a questo momento? Questo ancora non è chiaro.

Ma non è tutto. Sul sito di Ecosia si legge anche che i server usati dal motore di ricerca sono “alimentati a energia verde“. In realtà si tratta di un’affermazione piuttosto ingannevole, perché non sono i server di Ecosia a fare le ricerche, ma quelli di Bing e Yahoo. La domanda dovrebbe quindi essere: come sono alimentati i server di questi due colossi? Quanto a Yahoo, come si legge su greenMe.it, la scorsa estate ha annunciato di voler mettere mano a un bel progetto ecologista: far in modo che i propri data center, cioè i centri dati contenenti i server da cui passano miliardi di informazioni quotidiane, vengano alimentati al 90% dall’attività energetica idroelettrica delle Cascate del Niagara. Si tratta del progetto del nuovo centro dati che verrà costruito a Lockport, nello stato di New York che, come ha precisato Yahoo – rientrerà in una strategia di abbattimento delle emissioni di CO2, per un totale del 40% entro il 2014. Ciò avverrà fondamentalmente attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili per il raffreddamento dei server, compito che consuma il 50% dell’energia di un data center, server house più efficienti e, con l’aiuto di IBM, attraverso nuovi modelli di server. Queste dunque le intenzioni per il futuro, ma ora quanto consumano gli attuali data center? E quelli di Bing?

A insospettire i delatori del progetto c’è anche il sistema con cui Ecosia produce guadagni. Come fa questo neonato motore di ricerca a guadagnare se devolve l’80 dei ricavi al progetto del Wwf? Come fa con il restante 20% a pagare i dipendenti (che pare siano 15) e a coprire il resto delle spese? Anche se ci viene da pensare che essendo in una fase di start up probabilmente per ora non si possa parlare di reali guadagni. Ma in futuro cosa accadrà?

E ancora. Come è facile immaginare, in Rete Ecosia si è schierato come diretto concorrente di Google. Questa disputa è stata ripresa anche da un articolo di Eweek, dove Ecosia ha accusato Google di essere un grande consumatore di energia, verificando alcuni dei dati dichiarati nel video promozionale del motore di ricerca ecologico. A questo punto un dubbio nasce spontaneo: se l’accusa di Ecosia è valida per Google, lo è anche per Bing e Yahoo? Anche se – e questo va detto a onor del vero – indirettamente anche Google si interessa all’ecologia attraverso, per esempio, l’ottimizzazione degli algoritmi di ricerca (ricerche più performanti vogliono dire meno consumo sui server, quindi più risparmio energetico e di conseguenza meno inquinamento). Non solo. La società californiana pare abbia recentemente dimostrato di aver investito 45 milioni di dollari (attraverso la fondazione Google.org) nelle fonti rinnovabili e dall’installazione di macchine server tra le più efficienti e “parsimoniose” al mondo. L’impegno del gigante californiano è poi confermato dalla co-fondazione, con la “nemica” Microsoft e i grandi produttori di pc, del “Climate Savers Computing Iniziative“, un gruppo con l’obiettivo di ridurre l’energia della metà l’energia elettrica usata dai computer.

Ma c’è dell’altro. Come abbiamo visto, lo scorso mese di maggio Google si è affrettata a smentire ogni accusa relativa al suo eccessivo consumo di energia, e al suo conseguente contribuire al surriscaldamento del pianeta. Secondo il vicepresidente ingegneristico della società Urs Holzle, la compagnia risparmia infatti metà dell’energia usata dagli altri motori di ricerca. Il funzionamento dei suoi data center è inoppugnabile: nel tempo impiegato da Google per completare una ricerca, il nostro PC utilizza più energia di quanta non ne serva al servizio per darci una risposta.

Ma torniamo a Ecosia. Il dominio “Ecosia.org” è registrato a nome di Christian Kroll (26 anni) che pare abbia già lavorato a un progetto analogo, Forestle.org, che dichiara di aver “salvato piu di 3,618,700.3 m² di foresta!“. Un’area equivalente a meno di Central Park a New York, secondo i dati pubblicati sul sito stesso. Come fatto notare da Il Disinformatico, il progetto Forestle.org inizialmente si appoggiava a Google, ma l’idillio è durato poco. Google ha infatti ben presto deciso di interrompere i rapporti con Forestle per una disputa su presunti “incentivi a cliccare artificialmente sui link sponsorizzati“. Pare che Forestle abbia ribattuto di non aver fatto nulla del genere e abbia invitato gli utenti a cliccare su Znout.com, un sito senza nessuna velleità ecologista. In seguito Forestle ha deciso di adottare Yahoo come partner.

Insomma sono tanti i dubbi sul reale funzionamento di Ecosia: troppe le carenze informative e le espressioni ingannevoli che spingono verso posizioni quantomeno scettiche. Qualcuno ha persino pensato che si tratti soltanto di una trovata pubblicitaria di Microsoft/Yahoo! Noi naturalmente speriamo che Ecosia funzioni realmente come dice: in questo modo tutti noi potremmo contribuire a combattere un grande problema strutturale della Rete, visto che, com’è stato stimato recentemente da uno studio dell’Università di Harvard, ogni query eseguita su un motore di ricerca immetterebbe nell’atmosfera 7 grammi di anidride carbonica. Quindi se solo l’1% degli utenti di Internet usasse Ecosia (e se questo fosse “così come sembra”) potremmo comunque contribuire in modo determinante alla salvaguardia dell’ambiente. Anche perché ci appassiona tutti l’idea di usare le ricerche in Rete per combattere il riscaldamento climatico, la minaccia globale che incombe su di noi, spesso nel disinteresse generale dei grandi della terra. A questo proposito avete mai sentito parlare di ecocho, altro motore di ricerca ecologico, sulla cui home page si legge: “mentre tu cerchi, noi piantiamo alberi”. Questa sì che poteva essere una bella idea, peccato che su ecocho si trovi veramente poco! Ma questa è un’altra storia.

Rosamaria Freda

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Instagram