È passato un mese da quando Vivi ha inondato di gioia la nostra casa. Lei, per fortuna, è una cucciola serena sana e vivace: vederla correre, scodinzolare, crescere e imparare ogni giorno nuove cose è indescrivibile. Il pensiero, allora, corre ogni volta veloce a tutto ciò che lei non dovrà subire, perché è libera. Perché è salva. Ma che ne è di tutti gli altri animali intrappolati nelle “Green Hill” in Italia e nel resto del mondo?
Beh, qualcosa si muove e la storia di liberazione dei beagle italiani che, ricordiamolo, sono ancora di proprietà della multinazionale Marshall, anima le speranze degli animalisti francesi che a Mézilles (Yonne) si battono per far chiudere un altro lager, uno dei più grandi allevamenti di beagle destinati alla sperimentazione animale.
La struttura esiste da più di 35 anni e contiene 1500/2000 cani mantenuti in gabbia in condizioni più che precarie, come racconta l’ex dipendente Jean-Claude Witrant in un’intervista rilasciata alla rivista “One Voice”, in cui sottolinea come il numero effettivo di cani sia un mistero. “Ci proibivano di accarezzarli: nessuna familiarità con loro”, testimonia Witrant, che ha scelto di essere citato con nome e cognome. L’ 8 settembre, come accade da due anni a questa parte, si terrà una manifestazione sul posto e, per questo, arriva un appello a unire le forze per combattere il “Green Hill” d’oltralpe, con un evento ad hoc creato su facebook .
“Mézilles è a due passi dall’Italia, esattamente a metà strada sull’asse Torino/Parigi, ad occhio un 4/5 ore di viaggio. Sicuramente risulterebbe dispendioso partecipare in prima persona alle marce in loco, però aiutare i nostri amici francesi sull’onda di Green Hill a rilanciare tale lotta è necessario, oltre che doveroso. Per tale motivo si propone di manifestare simultaneamente nei pressi dell’ambasciata, consolati e uffici consolari francesi presenti sul nostro territorio”, si legge sull’evento. A Roma, ad esempio, ci sarà un Presidio Venerdì 7 Settembre, dalle 9.00 alle 12.00 a Piazza Farnese, dove ha sede l’ambasciata Francese.
Save the Harlan Beagles Campaign, invece, è la campagna inglese per salvare altri beagle senza nome e senza futuro, allevati oltremanica sempre per la sperimentazione animale (qui una petizione da firmare per salvare anche loro). Ora da Montichiari, la protesta animalista si sposta, quindi, contro la Harlan, multinazionale presente in 4 continenti che offre i suoi servizi a un numero imprecisato di laboratori pubblici e privati, università, aziende farmaceutiche, ospedali e allevamenti in decide di paesi del mondo. In Italia Harlan ha due allevamenti, uno a San Pietro al Natisone (UD) e l’altro a Correzzana (MI), oltre ad un laboratorio a Bresso (MI) all’interno degli stabili della farmaceutica Zambon.
Non solo per far uscire dalle gabbie i 104 macachi ancora reclusi, le cui sorti restano appese ad un filo, ma anche per liberare tutti gli altri animali, compresi topi e ratti, gli ultimi tra gli ultimi, allevati e uccisi a migliaia, a breve ci sarà una manifestazione di Udine contro la sede Harlan “locale”, ad Azzida: si partirà con un grande corteo per le strade di Udine, il 29 settembre 2012 e su facebook si può trovare il programma dettagliato della manifestazione, a cui saranno presenti tavoli informativi della Lav, Imperatrice Nuda, Animalisti Italiani e Oipa. La Leal attraverso l’iniziativa popolare Stop Vivisection raccoglierà le firme per riportare la direttiva 2010/63/UE (approvata nel settembre 2010) in discussione al Parlamento Europeo.
Intanto, nei giorni scorsi si è aggravata la posizione di Ghislaine Rondot, Roberto Bravi e Renzo Graziosi, rispettivamente legale rappresentante della Green Hill 2001, direttore dell’allevamento e veterinario responsabile del canile, che dovranno rispondere anche del reato di uccisione di animali senza necessità, come riporta il Corriere della Sera.
La contestazione viene da una certezza inquietante: molti beagle allevati per la vivisezione sono stati deliberatamente soppressi perché non erano più idonei allo scopo. Durante l’ispezione scattata con il sequestro probatorio del 18 luglio, infatti, si è scoperto che molti cuccioli sono stati uccisi perché affetti da dermatite, un problema assolutamente risolvibile con adeguate cure e alimentazione idonea. Questo avvalora anche il sospetto che i cani non fossero utilizzati esclusivamente per esperimenti nella ricerca scientifica, come sostenuto dall’azienda, ma anche nell’ambito della ricerca cosmetica. La nostra Vivi, per fortuna, è scampata a tutto questo orrore, di cui non serba più alcun ricordo: