Tra il Tigri e l’Eufrate, c’era una volta la mezzaluna fertile…

Secondo uno studio americano, il bacino idrico del Tigri e dell'Eufrate, in Medio Oriente, si sta prosciugando ad un ritmo preoccupante.

Uno dei bacini idrici più importanti del Medio Oriente, quello dei fiumi Tigri ed Eufrate, si sta prosciugando ad un ritmo preoccupante: è quanto afferma uno studio pubblicato lo scorso febbraio su Water Resources Research, una rivista che fa capo alla società americana di geofisica. Secondo gli autori della ricerca, tra il 2003 e il 2010 la regione situata tra gli attuali Iran, Iraq, Siria e Turchia – che corrisponde grossomodo all’antica Mesopotamia – ha perso ben 144 chilometri cubi di acqua fresca. Una quantità pari al volume dell’intero Mar Morto.

La Mesopotamia, di cui tanto abbiamo sentito parlare a scuola, era una fascia di territorio compresa tra due fiumi importanti, il Tigri e l’Eufrate, che l’avevano resa florida ed ospitale. L’area era parte della cosiddetta “mezzaluna fertile”, in cui sono nate le civiltà più evolute dell’antichità.

Utilizzando dati provenienti dei satelliti del progetto GRACE (Gravity Recovery and Climate Experiment) della Nasa (vista l’impossibilità di effettuare controlli “sul campo”), i ricercatori americani della University of California-Irvine, guidati dal Prof. Jay Famiglietti, idrologo, hanno notato che la portata dei due fiumi della regione sta diminuendo sensibilmente. Basti pensare che oggi, nel punto in cui attraversa il confine tra Siria ed Iraq, il fiume Eufrate scorre con un 30% di acqua in meno rispetto a pochi anni fa.

Che cosa è successo? I ricercatori attribuiscono il 60% della perdita di acqua al crescente utilizzo, soprattutto a scopi agricoli, delle falde acquifere e sottolineano come la situazione sia notevolmente peggiorata negli anni successivi alla siccità del 2007.

A complicare la situazione c’è anche un dato geopolitico: il bacino idrico del Tigri e dell’Eufrate è condiviso da quattro stati (Turchia, Siria, Iraq e Iran) senza che vi siano accordi internazionali a coordinarne la gestione. Ciò significa che la Turchia, con le sue dighe e infrastrutture, esercita un controllo importante sul flusso delle acque.

Proprio durante la siccità del 2007, la decisione del governo turco di deviare l’acqua dei fiumi per irrigare i propri campi ha causato non poca tensione con i Paesi confinanti, in particolare con l’Iraq, che ha cercato soluzioni alternative facendo ricorso alle proprie falde acquifere, con lo scavo di nuovi pozzi, ed estraendo così l’80% dell’acqua presente nel proprio sottosuolo.

Il problema, quindi, non è solo ambientale ma anche politico e diplomatico. Gli unici fatti certi, per il momento, sono 1) che il bacino idrico del Tigri e dell’Eufrate si sta asciugando ad un ritmo secondo soltanto a quello dei bacini idrici dell’India e 2) che anche dietro questa perdita c’è la mano dell’uomo.

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