Sopravvivere nella taiga russa: la storia della famiglia Lykov

Mi ha davvero impressionato la storia di questa famiglia che è riuscita a sopravvivere ai rigori dell’inverno siberiano, isolata per 40 anni da qualsiasi contatto esterno. Il padre è stato un pazzo, e i poveri figli le vittime, ma sono sopravvissuti. C’è da imparare molto. Da ripensare a quanto sia importante “saper fare”.

Mi ha fatto pensare a quanto siamo abituati a dare per scontata la presenza di cibo sulle nostre tavole. Chi, almeno una volta nella vita, ha patito la fame, non lo può dimenticare, gli rimane dentro per sempre il ricordo dei momenti in cui non riusciva a sognare e a pensare ad altro se non al cibo. Resta il rispetto per l’abbondanza. Il che non significa mangiare qualunque cosa, ma semplicemente essere consapevoli della fortuna che abbiamo ogni giorno nel poter scegliere cosa mangiare; e ricordarci di ringraziare.

Nella Taiga siberiana la neve cade fino a maggio, per poi cadere nuovamente a settembre. In inverno è uno dei luoghi più inospitali del pianeta, per gli esseri umani.

Nel 1978 il pilota una spedizione geologica in elicottero, cercando un posto in cui atterrare tra le fitte foreste di abeti, avvistò un’abitazione e il suo grande giardino, che spiccava disboscato. Si trovava a più di 150 miglia dall’accampamento più vicino, in una zona mai esplorata. I geologi decisero di incontrarne gli abitanti.

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I Lykow vivevano in una baita rischiarata da una minuscola finestra e riscaldata da una fumosa stufa a legna. Ad aprire la porta un uomo anziano, a piedi nudi, i vestiti cuciti con pezzi di tela grezza da sacco più e più volte rattoppata. Pur spaventato, li invitò ad entrare e si ritrovarono a calpestare un pavimento formato da bucce di patata e gusci di pinoli, e l’abitazione era poco più di un freddo e sporco cunicolo di una unica stanza, dove abitavano 5 persone. Superato l’isterismo iniziale provocato dall’arrivo degli sconosciuti, iniziarono a comunicare ed ecco la storia: il nome dell’anziano era Karp Lykov, membro di una setta russa fondamentalista e ortodossa chiamata “Degli antichi credenti”, che predicava uno stile di vita non contagiato dalla modernità, sin dal diciassettesimo secolo.

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Questa setta era stata perseguitata da Pietro il Grande prima e dai Bolscevichi poi, tanto che, sotto il regime dei Soviet, la comunità religiosa dovette fuggire in Siberia. Lì, durante un rastrellamento, negli anni ’30 una pattuglia Comunista uccise il fratello di Karp Lykov davanti ai suoi occhi. La sua reazione fu di prendere la sua famiglia e fuggire nel folto della foresta.

Era il 1936 e la famiglia era composta da 4 persone: la moglie Akulina, i figli Savin di 9 anni e Natalia di 2 anni, mentre Dimitri e Agafia nacquero 4 e 7 anni dopo nella foresta, e fino al 1978 non incontrarono mai esseri umani al di fuori della loro famiglia. Ciò che conoscevano del mondo esterno era stato raccontato loro dai genitori, avevano letto unicamente i vangeli e la Bibbia, e il loro passatempo famigliare preferito era raccontarsi l’un l’altro i propri sogni. La madre insegnò loro a scrivere usando pennini appuntiti fatti di legno di betulla intinti in inchiostro fatto con succo di bacche di caprifoglio.

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L’isolamento totale non ha reso semplice la sopravvivenza di questa famiglia: non era possibile rimpiazzare scarpe e vestiti ad esempio, e nel tempo vennero sostituite, le prime da galosce in corteccia di betulla, mentre i vestiti, non più rammendabili, da panni tessuti dalla canapa che coltivavano, con un telaio portato con loro nella fuga. Quando le padelle in metallo non furono più utilizzabili, furono anch’esse sostituite con contenitori in corteccia di betulla, ma in questo modo cuocere il cibo era un problema. La loro dieta era costituita quasi unicamente da tortini fatti di di patate mischiate a farina di segale e farina di semi di canapa. Oltre a funghi, noci e pinoli, frutta nel periodo estivo.

Utilizzavano i semi di canapa come cibo e tessevano le fibre per ottenere stoffa. Una pianta vitale per la sopravvivenza!

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Ma il problema era il lungo inverno. Anche se affamati non potevano consumare tutto il raccolto per preservare i semi da piantare l’anno successivo, e spesso gli animali distruggevano il raccolto. Nel 1961 nevicò in giugno e persero tutto il raccolto. Si ridussero a mangiare legni e cortecce, addirittura le scarpe. Quell’anno Akulina mori di fame, preferendo nutrire i suoi figli. Il resto della famiglia si salvò per un miracolo: una pianta di segale germinò inaspettatamente e, proteggendo i suoi 18 semi come fossero oro, riuscirono ad ottenere un nuovo raccolto. Ma ogni inverno era duro allo stesso modo ed erano costantemente affamati. Quando i maschi crebbero, iniziarono a cacciare, ma non avendo armi erano costretti a costruire trappole o a seguire gli animali fino a sfinimento. Dimitri sviluppò una resistenza incredibile, era in grado di dormire all’aperto con 40 gradi sotto zero e a piedi nudi, e di rientrare dopo diversi giorni di caccia con un giovane alce caricato sulla schiena.

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Dopo il contatto con la modernità e le altre persone, inizialmente accettarono unicamente il sale in dono, il Padre non voleva corrompere la sua famiglia e cambiare il suo stile di vita, ma i giovani erano affascinati dalle novità, dalla televisione, pensate che non avevano mai assaggiato il pane. Il vecchio disse “vivere tutti questi anni senza sale è stata una tortura”. Poi accettarono aiuto, coltelli, forchette, attrezzi, grano e torce elettriche.

La TV era il peccato più grande, ma non riuscivano a distoglierne lo sguardo quando visitavano il campo dei geologi. Ne erano ipnotizzati.

Ma il contatto con la civiltà non finì bene, come sempre succede: i Lykov non avevano gli anticorpi alle malattie portate dai “civili” e forse l’introduzione dei nuovi cibi non fu accettata dal loro corpo. Nel 1981, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, Dimitri morì di polmonite e Natalia e Savin per problemi renali.

Agafia e l’anziano Padre si rifiutarono di trasferirsi in città dai parenti rimasti e tornarono alla loro vecchia vita. Karp Lykov morì nel sonno il 16 febbraio 1988, 27 anni dopo la moglie Akulina. Agafia seppellì il padre con l’aiuto dei geologi, poi tornò a casa sua. Oggi ha settant’anni e continua a vivere sola, nella Taiga Russa in una nuova baita costruita vicina a quella di famiglia.

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Tradotto, adattato e foto da:

http://www.smithsonianmag.com/history-archaeology/For-40-Years-This-Russian-Family-Was-Cut-Off-From-Human-Contact-Unaware-of-World-War-II-188843001.html

http://lastochka-fromrussiawithlove.blogspot.it/2010/07/at-taiga-dead-end.html

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