La vera tragedia degli zoo è la cattività. Gli ultimi attimi di vita della giraffa Marius (VIDEO)

A rimarci impresse nei cuori non dovrebbero essere le immagini del massacro di Marius, ma quelle dei suoi ultimi istanti di vita, ripresi dalle telecamere di sorveglianze. Sono quei fotogrammi che ci mostrano la vera tragedia degli zoo, quella della cattività. Per capirlo basta guardare i suoi occhi. Sono spenti. Completamente spenti. Marius dovremmo ricordarcelo da vivo, come essere senziente a cui è stata negata la libertà. Altrimenti sarà stato tutto inutile.

Quando Marius, la giovane giraffa dello zoo di Copenhagen, è stata brutalmente uccisa dai suoi custodi, il mondo intero si è indignato. Come hanno potuto fare una cosa del genere, quando tutti chiedevano a gran voce di risparmiarla?

La maggior parte delle persone crede che gli zoo siano rifugi sicuri per gli animali, luoghi dove sono amati e protetti. Le strutture, a loro volta, ce la mettono tutta per passare come luoghi educativi, dove guardare e conoscere creature che altrimenti non potremmo mai avere la possibilità di vedere. Ci raccontano di essere gli unici luoghi dove alcune specie altamente minacciate di estinzione sopravvivono.

È per questo, dicono gli zoo, che abbiamo bisogno di loro. Perché sono i custodi di alcune delle specie più rare della Terra, l’unico modo per conservare una specie e la sua variabilità genetica. Allora perché uno zoo dovrebbe uccidere una giraffa sana e giovane? La risposta è semplice e brutale, anche se si vuol fingere di non saperla: secondo i calcoli dello zoo, Marius era più utile morto che vivo.

Così, il guardiano lo ha attirato con un pezzo di pane di segale, il suo cibo preferito, lontano dalle altre giraffe. Quando Marius ha chinato il suo lungo collo verso la mano che teneva quel pane, un veterinario lo ha colpito con la pistola, sparandogli un bullone in testa. Poi è arrivata la dissezione davanti a un folto pubblico. La spettacolarizzazione della morte è stata per lo zoo una “normale” lezione di anatomia, anche per i bambini presenti. E così i resti della giraffa sono stati successivamente gettati nella fossa dei leoni.

Qualcuno ha detto che questo sarebbe stato il suo probabile destino se fosse vissuto nel suo ambiente naturale, la savana africana. Sì… ma Marius non viveva nella savana africana. Viveva in uno zoo. Uno zoo che afferma, come tutti gli altri, che la sua missione è quella di essere “conosciuto per i suoi elevati standard di qualità nella custodia degli animali” e per la sua etica.

La verità, però, è che i giardini zoologici servono un altro maestro: la redditività.

Lo abbiamo capito solo ora. Lo abbiamo capito solo quando i nostri cuori sono stati spezzati vedendo i custodi dello zoo di Copenaghen rompere la loro fiducia con Marius. Abbiamo pensato, detto, urlato che il giraffino non sarebbe mai dovuto morire, così giovane e proprio per mano di coloro che avrebbero dovuto proteggerlo.

Perché gli zoo ci hanno convinti di essere i grandi protagonisti della conservazione e dell’educazione scientifica. Non dovrebbero uccidere gli animali. Ciò che la maggior parte di noi, però, vuole ancora vedere è la mancanza di compassione nel costringere a far vivere gli animali in questo modo. Rinchiusi a vita.

marius g

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Così, mentre nonostante l’indignazione pubblica un altro zoo danese sta minacciando di uccidere una giraffa maschio per far posto a una femmina (trovate la petizione per salvarla cliccando qui), è arrivato il momento di riflettere.

 

A rimarci impresse nei cuori, infatti, non dovrebbero essere le immagini del massacro, ma quelle degli ultimi istanti di vita di Marius, ripresi dalle telecamere di sorveglianza. Sono quei fotogrammi che ci mostrano la vera tragedia degli zoo, quella della cattività. Per capirlo basta guardare i suoi occhi. Sono spenti. Completamente spenti.

Ecco perché penso che Marius dovremmo ricordarcelo da vivo, come essere senziente a cui è stata negata la libertà. Altrimenti sarà stato tutto inutile.

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