Dietro la lentezza estrema del bradipo si nasconde una strategia di sopravvivenza
E dopo avervi presentato il colibrì, la cui sopravvivenza è legata alla straordinaria velocità dei suoi movimenti (come il battito delle ali nonché il suo volo) e di alcuni suoi meccanismi fisiologici (il battito cardiaco che raggiunge anche i 1200 battiti/minuto, e l’elevato metabolismo), non potevo non parlare di quello che per antonomasia risulta essere il più lento e pigro nel mondo degli animali, o sicuramente tra i mammiferi: il bradipo.
Il bradipo tridattilo, il cui nome deriva dal greco e significa appunto “piede lento”, è un animale conosciuto soprattutto per la sua tipica movenza, che sembra avvenire al rallentatore; lunghi periodi di tempo li passa inoltre letteralmente immobile, senza contare le 19 ore al giorno che trascorre dormendo. Si muove ad una velocità massima di circa 0,24km/h. Alcuni esperti hanno ipotizzato che dietro a questa estrema lentezza si nasconda una strategia anti-predatoria, adottata per non dare nell’occhio ad alcuni rapaci che sembrano essere abili nel localizzare oggetti in movimento, come le aquile arpia, che sono tra i principali predatori del bradipo. In acqua sembra essere invece in ottimo nuotatore.
Ma è curioso come alcune sue caratteristiche fisiche e comportamentali non sono favorevoli semplicemente alla sua sopravvivenza, ma anche ad un micro-ecosistema che vive a suo stretto contatto e che comprende specie diverse, sia vegetali che animali.
Bisogna partire dicendo che il bradipo può vivere solamente in un ambiente tropicale umido e mite tutto l’anno, come quello dell’America Latina, e in modo particolare in Brasile; questo perchè, a differenza di tutti gli altri mammiferi, non è in grado di mantenere costante la propria temperatura corporea (caratteristica che li rende simili ai rettili). Come abbiamo ribadito è un animale molto lento e per lo più stazionario, tanto che il maschio solitamente trascorre tutta la propria vita su uno stesso albero (la femmina cede invece il proprio al suo cucciolo quando questo raggiunge i sei mesi d’età e quindi la capacità di cavarsela da solo…possiamo dire quindi che si sposta su un altro alero una volta all’anno tenendo conto che partorisce anche con tale frequenza?); il bradipo scende dall’albero solo una volta alla settimana, per defecare (la digestione di questo animale è particolarmente lunga: un pasto abbondante può richiedere anche un mese di tempo, quindi è normale che anche la produzione di feci sia ridotta); inoltre essendo un animale molto solitario, questi momenti sono anche gli unici durante i quali incontra i suoi cospecifici, valuta la disponibilità sessuale delle femmine e fa notare la propria presenza marcando gli alberi con secrezioni liberate dalle ghiandole anali. Ma le motivazioni non si esauriscono qui…
La lentezza dei movimenti di questo animale ed il clima così umido in cui vive, favoriscono la crescita di alghe verdi (specie Trichiphilus) nella sua folta pelliccia; il bradipo se ne nutre quando si pulisce il pelo integrando così la propria dieta costituita altrimenti solo dalle foglie degli alberi sui quali vive (le alghe sono molto ricche di lipidi); inoltre la clorofilla di questi vegetali fornisce al pelo una colorazione verdognola favorendo così la mimetizzazione del bradipo. Ma nella pelliccia del bradipo sembrano vivere anche altri animali: piccole falene.
Uno studio condotto da ricercatori guidati da Jonathan Pauli del Department of Forest and Wildlife Ecology dell’Università del Wisconsin ha messo insieme tutti questi aspetti della vita del bradipo, cercando di rispondere soprattutto ad una domanda: ma per quale ragione il bradipo tridattilo scenderebbe dall’albero per defecare rischiando così di incontrare eventuali predatori? Essi ipotizzarono che il segreto si nasconde proprio dietro a questo vero e proprio ecosistema presente nella pelliccia del bradipo: quando questo animale scende a terra, le falene presenti nel suo pelo depongono le uova nelle feci che il bradipo ha ricoperto accuratamente con terriccio (la temperatura ne favorisce così la schiusa); una volta che le larve si saranno trasformate in farfalline voleranno verso la cima degli alberi, colonizzando le pellicce dei bradipi e arricchendole di azoto necessario alla crescita delle alghe; si conclude così l’intero ciclo. Possiamo dire quindi che il bradipo sostiene l’ecosistema presente nella propria pelliccia: favorisce la sopravvivenza e la riproduzione delle falene, le quali a loro volta sostengono lo sviluppo delle alghe verdi, le quali a loro volta andranno ad arricchire di lipidi la dieta del bradipo, oltre a favorirne la mimetizzazione. A sostegno di tale teoria la positiva correlazione tra la densità di falene, la concentrazione di azoto inorganico e la biomassa algale nella pelliccia, che risulterebbero superiori nel bradipo tribattilo rispetto al bidattilo: quest’ultimo infatti vive sempre nello stesso habitat dell’altro, ma ha un territorio di azione più ampio, la sua dieta non comprende solo foglie ma anche frutti, insetti e carogne, e infine defeca direttamente dai rami sui quali vive e più di una volta a settimana; il mutualismo sopra descritto in questo caso non riveste la stessa importanza.
Ma non è fantastico? La natura è come un grande puzzle dove i vari pezzi si incastrano alla perfezione, e dove nulla è superfluo; ogni tassello occupa un proprio posto, e tutto risulta essere in equilibrio.
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