Lo yak possiede delle caratteristiche fisiche che gli permettono di vivere nel clima ostile dell'altopiano tibetano
Un esempio di come Madre Natura abbia messo al mondo creature diverse in grado di adattarsi a tutti gli ambienti e i climi, anche a quelli più ostili, è rappresentato dallo yak. È quindi indispensabile conoscere prima le caratteristiche del luogo in cui vive questo animale per poter capire le caratteristiche fisiche e funzionali del suo organismo.
L’altopiano del Tibet, dove il clima è molto simile a quello polare, molto freddo e per lo più arido, è circondato da catene montuose che raggiungono i 5000-8000 metri (qui ci sono la montagne più alte del mondo), impedendo così l’arrivo dei monsoni umidi. La regione tibetana raggiunge i 4000-5000 metri di altitudine ed è per lo più ricoperta da neve e ghiacciai ed attraversata da venti e tormente. Ma allora, chi potrebbe vivere in questa terra così inospitale? Sicuramente un animale altrettanto forte e resistente: lo yak.
Lo yak, chiamato anche bue tibetano, è un mammifero artiodattilo appartenente alla famiglia Bovidae. Ma quali sono le caratteristiche che gli permettono di vivere in un clima così rigido?
– una corporatura massiccia: il maschio può raggiungere i 200 centimetri al garrese, una lunghezza fino a tre metri ed un peso di una tonnellata;
– un folto manto con peli lunghi di un colore che va dal marrone scuro al nero e che ricoprono anche parte della fronte e la coda; questa pelliccia cade lungo i fianchi e si infoltisce sulle spalle;
– cute spessa;
– zoccoli divaricabili che gli permettono di muoversi anche su terreni acquitrinosi;
– una costola in più rispetto al bovino, e questo gli permette di avere una gabbia toracica più ampia e quindi anche un cuore e due polmoni più voluminosi;
– un elevato tasso di emoglobina.
Queste due ultime caratteristiche fanno sì che possa vivere fino a 6000 metri, dove l’aria è rarefatta.
Inoltre durante le tormente di neve, gli yak dello stesso gruppo (per la maggior parte dell’anno maschi e femmine vivono separati, e solitamente i primi formano gruppi di 2-5 individui, mentre le seconde di 6-20 capi) si accovacciano a terra disponendosi quasi a cerchio uno di fianco all’altro con la testa rivolta verso il centro, finchè le condizioni climatiche non migliorano.
L’habitat dello yak può variare, ma è comunque rappresentato da tre aree che si differenziano per il tipo e la quantità di vegetazione (pascoli alpini, steppa alpina e steppa desertica), per la temperatura media e le precipitazioni annue; quindi durante le stagioni fredde alcuni branchi possono effettuare grandi migrazioni alla ricerca di erba, muschi, licheni. Ma lo yak predilige comunque le temperature fredde dell’altopiano, ed è qui che quindi ritorna quando le condizioni climatiche sono meno rigide.
Tutte queste caratteristiche, sia fisiche che di grande adattabilità, ha quindi permesso a questo mammifero di vivere in questo angolo della Terra nonostante le condizioni climatiche così avverse (altra curiosità: è anche l’unico animale dell’era glaciale che è sopravviassuto sull’altopiano del Tibet, a differenza del rinoceronte lanoso che si è invece istinto circa 12000 anni fa). E come non poteva l’uomo non sfruttarle anche a proprio vantaggio? Ma lo vedremo in un altro capitolo…