La scuola come comunità di apprendimento felice

Una scuola felice è possibile. Iniziamo da questi 8 punti!

Domani le scuole riaprono i battenti e in concomitanza con questo evento, una sorta di secondo Capodanno, mi capita ogni anno di fare buoni propositi per i mesi che verranno e che mi vedranno impegnata in una nuova sfida. Stavolta, però, più che stilare un elenco di promesse, vorrei fare un elenco dei miei sogni per una scuola che sia davvero “comunità di apprendimento felice”.

  1. Sogno una scuola in cui i docenti non solo insegnano, ma imparano anche insieme agli alunni. Sogno una scuola che sia una sorta di comunità di ricercatori, un laboratorio, in cui insieme si cercano le soluzioni ai problemi che via via si presentano, in cui ci si scambiano le risorse e le tecniche di lavoro. L’apprendimento diventerebbe dunque qualcosa che si vive quotidianamente tutti insieme, alunni più grandi che collaborano con quelli più piccoli, docenti più abili in qualcosa che supportano altri docenti che quella cosa non la conoscono o non la sanno fare: in poche parole, ampio spazio al cooperative learning e al cooperative teaching!
  2. Sogno una scuola in cui gli studenti siano attori, in prima persona, del loro apprendimento. Si è ormai consolidato il modello per cui l’insegnante fa la sua conferenza dalla cattedra e gli alunni ascoltano passivamente la lezione. È però assodato che questo sia il modo migliore per far odiare la scuola ai ragazzi e soprattutto il modo migliore per imparare poco e niente! Anche Piaget asseriva che il sapere non si trasmette, ma è frutto della volontà del soggetto. Non siamo infatti semplicemente vasi da riempire, ma siamo noi stessi acqua che prorompe e si espande! Vorrei allora decidere giorno per giorno, insieme ai miei alunni, cosa è più interessante studiare e il modo in cui è più divertente ed efficace apprendere, con buona pace delle programmazioni di inizio anno!
  3. Sogno una scuola accogliente ed ospitale. Ogni tanto circolano su Facebook foto di aule e sale docenti di scuole finlandesi o svedesi, che non somigliano neppure lontanamente alle asfittiche e deprimenti aule nostrane. Sarebbe bello se, tornando a scuola, trovassi un assetto completamente nuovo nella struttura e nel mobilio. Non mi trovo neppure a mio agio con la disposizione dei banchi, tutti in fila e rivolti verso la cattedra. Lo scorso anno, facendo lavorare spesso i ragazzi in gruppi, avevo creato delle “isole” di banchi in cui gli alunni potessero sedere guardandosi negli occhi e dunque collaborare attivamente. Lizanne Foster, un’insegnante canadese, in un suo articolo apparso su Internazionale del 4 settembre scorso, racconta di come nel corso degli anni abbia cercato di rendere la sua aula sempre più accogliente, aggiungendo tende e macchie di colore agli spazi spenti e grigi, portando divani, cuscini e anche una piccola cucina. Non sarebbe male se l’aula in cui i ragazzi passano molte ore al giorno potesse essere un po’ la loro piccola casa, se potessero personalizzarla e sentirla davvero loro…forse così la sporcherebbero anche un po’ meno!
  4. Sogno una scuola aperta, in cui le famiglie possano essere parte integrante del processo di apprendimento, portando ciascuna la propria storia e i propri saperi. Una scuola che non si arrocchi sulla presunta superiorità dei docenti, ma che accolga a braccia aperte nonni che coltivano orto e giardino, fratelli che suonano, papà che dipingono e mamme che cucinano!
  5. Sogno una scuola leggera: in molte scuole della Toscana è attivo il progetto “Scuola senza zaino“, che prevede che gli alunni trovino in classe tutti i materiali di cui hanno bisogno (dai libri alla cancelleria) e usino solo una cartella leggera per portare a casa gli eventuali esercizi. Mi piace molto questa idea di condivisione degli strumenti di lavoro. In effetti, quanti di noi si portano da casa quello che serve per lavorare? La maggior parte trova nella propria sede di lavoro quanto serve. Perché, dunque, a scuola dovrebbe essere diverso?
  6. Sogno una scuola “nuvola e terra“: una scuola che sappia usare in modo intelligente ed efficace le tecnologie (perché ormai è inutile proseguire con questo modello medievale di docente, che non sa neppure da che parte cominciare ad accendere un pc), ma che al tempo stesso riscopra i saperi che derivano dalla terra, dal coltivare con le proprie mani un orto biodinamico, come fa nella sua scuola Maria De Biase, la preside “terra-terra” per eccellenza.
  7. Sogno una scuola senza orari, aperta fino a tardi, una scuola che sia punto di riferimento per il quartiere in cui è inserita, una scuola da vivere anche il pomeriggio per lo sport, la musica e l’arte, materie troppo trascurate negli attuali programmi. In molte scuole questa è già una realtà, ma non dappertutto è così. Sarebbe bello se invece ciò divenisse la regola!
  8. Sogno una scuola senza compiti. Grazie al prof. Maurizio Parodi, ho raccolto la sfida interessante, sebbene ardua, di far capire agli insegnanti di ogni ordine e grado che è possibile imparare senza la penosa abitudine dei compiti a casa. Che le ore di scuola sono sufficienti per far apprendere in modo felice ed efficace ciò che serve nella vita. Basta solo ripensare al modo di insegnare.

Se ogni insegnante che legge questo articolo si impegnasse a rispettare questi punti, penso che la scuola potrebbe diventare davvero un luogo felice, in cui essere entusiasti di andare. Buon anno scolastico, allora!

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