A chi fa comodo la distruzione e il reimpianto degli ulivi in Salento? Perché l'infezione è circoscritta e non si investe sulla cura degli alberi centenari simbolo e ricchezza del territorio? Un'intervista di Luca Brindisino di http://radiosonar.net/ a Luigi Russo del giornalista, giornalista e sociologo, il 25 Aprile scorso a Vaste, frazione di Poggiardo, nel cuore del Parco archeologico dei Guerrieri.
Sono da poco rientrata dal Salento e oltre a vivere come sempre una meravigliosa esperienza umana e culturale, sono rimasta traumatizzata dal vedere la distruzione tra gli uliveti, in particolare nella zona tra Gallipoli e Nardò. Le piante di ulivi secolari sono state capitozzate senza pietà e spesso il legno al loro interno è perfettamente sano.
So che la Xylella e i suoi danni sono una realtà, ma da botanica mi sono subito chiesta se questo fosse il modo giusto di affrontare un’infezione batterica che colpisce prevalentemente la parte aerea delle piante. Ho deciso di informarmi e, casualmente, alcuni dei miei allievi, Gianluca e Veronica, la serata del 25 aprile avevano organizzato un evento a Vaste, frazione di Poggiardo, nel cuore del Parco archeologico dei Guerrieri, in cui si sarebbe parlato di Xylella.
Grazie a loro ho potuto conoscere Luigi Russo e registrare l’intervista che gli stava facendo Luca Brindisino di radiosonar. Le rivelazioni che ha fatto implicano un’organizzazione e una lungimiranza di chi ha deciso di prendere possesso del territorio salentino, una volta martoriato dalla Xylella, degna di un film di spionaggio, e dato che in molti parleranno dei soliti complottisti, ho voluto metterci il naso.
In Salento la popolazione di ulivi arriva ai 20.000.000 esemplari, che con le loro figure scolpite dal tempo sono parte non solo del paesaggio e dell’economia, ma del cuore stesso e della cultura delle persone. Cosa si prova a pensare che tra qualche decina di anni gli ulivi non ci saranno più e che i tuoi nipoti vedranno un paesaggio completamente diverso da quello che ami?
Come scrive Christian Colella: ” in questo contesto ecologico e semantico, l’ulivo non è solo una pianta e una fonte economica importante nella produzione alimentare tradizionale della regione. Le colture di ulivi sono il panorama umano, …una dichiarazione di identità culturale e integrità culturale.”
Parlando con alcuni agricoltori, che mi hanno fatto notare che dei fondi europei arrivati per combattere la Xylella, solo il 2% resta al Salento, ormai considerato ZONA MORTA, mentre il resto va agli uliveti ancora in salute e da proteggere del barese mi sono resa conto del fatto che non si cerca di curare gli alberi: anche i ricercatori del CNR li considerano ormai perduti e si parla quasi esclusivamente di cultivar resistenti alla malattia da reimpiantare. Questo significa tagliare tutte le piante ammalate e piantarne di nuove…ma è possibile che tagliare alberi meravigliosi e millenari, stravolgere una cultura e il panorama storico di un intera regione sia una cosa da fare così a cuor leggero?
A quanto pare è possibile: il CNR nei suoi comunicati stampa parla solo di quello e i progetti finanziati dall’Unione Europea per milioni di euro come (POnTE e XF-ACTORS), che dovrebbero occuparsi anche di altro, infine finanzieranno principalmente la ricerca di nuove cultivar (un business), non quella del miglior modo di trattare le piante ammalate. Gli agricoltori si accontenteranno dei rimborsi.
Da questi progetti si capisce, ad esempio, che la Xylella fastidiosa non è unicamente un problema delle piante di ulivo, ma anche di agrumi e viti, che nessuno però ha proposto di abbattere o eradicare e che gli obbiettivi dovrebbero essere quelli di:
- Scoprire biomolecole che possano essere brevettate, fabbricate, formulate e applicate per prevenire o ridurre la colonizzazione degli insetti ospiti (il batterio della Xylella è stasmesso da insetti come la sputacchina (Aphrophorida) e che impediscano loro di infettarsi con la Xylella.
- Selezionare varietà tolleranti o resistenti
- Trovare batteri endofitici che possano dare una protezione incrociata da Xylella
- Sviluppo della diagnosi precoce degli agenti patogeni
- Scoprire di un agente di controllo biologico ottimale per i vettori di Xf
- Sviluppare regimi di gestione dei parassiti per mitigarne l’impatto e l’ulteriore diffusione delle malattie emergenti
Di tutto questo cosa si è fatto? Nel 2015 il MIIPAF prevedeva, con i milioni di euro arrivati dall’unione europea, oltre che di rimborsare gli agricoltori, di creare “un programma che coinvolga un gruppo di università a partire da quelle pugliesi, con la creazione in Salento di un campo sperimentale dove testare le possibili soluzioni contro la fitopatia.”
Ho trovato un campo sperimentale, ma non per monitorare e cercare di curare gli alberi “anziani” come pensavo, ma per sperimentare nuove cultivar con cui eventualmente innestarli. Di nuovo, questa è l’unica soluzione, togliere il vecchio e mettere nuove piante resistenti.
Intanto però? Cosa consigliano di fare agli agricoltori, oltre a capitozzare le piante?
Oggi, nessuno degli agricoltori con cui ho parlato ha ricevuto un protocollo chiaro di cura degli alberi, che non sia unicamente l’eliminazione degli insetti vettori tramite diserbanti, insetticidi, sfalci e arature del terreno sotto gli ulivi. Ognuno cerca di fare il possibile, ma il futuro sembra, non l’innesto degli alberi malati con le varietà resistenti come mi sarei aspettata, no!
La sostituzione degli uliveti tradizionali, con alberi centenari e con le olive raccolte a mano, con piante della varietà FAVOLOSA (brevettata dal CNR) che si presta all’olivicoltura industrializzata, con le olive raccolte a macchina (venduta tra le piante di olivo per la coltivazione intensiva meccanizzata). È auto-fertile, non ha bisogno cioè di impollinatori, quindi potrebbe essere tranquillamente spruzzata di pesticidi, non essendo dipendente dagli insetti. Gli studi per lo sviluppo di questa varietà sono iniziati negli anni 70 a quanto pare e il brevetto del CNR arriva giusto a pennello per permettere la sua vendita solo a vivai autorizzati e che avranno il controllo totale sulla sua diffusione. Non sono riuscita a trovare, in rete, l’anno esatto del deposito del brevetto. Sarebbe interessante saperlo.
Il paesaggio Salentino si trasformerebbe in questo modo:
Luigi Russo ci dice che, uccidendo gli ulivi, i piccoli proprietari svenderanno i terreni e c’è già qualcuno pronto ad acquistarli, creare nuovi latifondi e controllando completamente l’economia della zona. Vi sembra poco plausibile?
Qualcuno prova realmente a sperimentare soluzioni a lungo termine per la cura degli alberi, e sembra riuscirci, ma la risposta degli “scienziati” sarebbe: “Interessante, ma ci vuole cautela”. I risultati a lungo termine non vanno bene? Lo scopo non è quello di salvare gli alberi e di trovare metodi per debellare la Xylella? Se si potesse dimostrare che dopo un primo periodo di sofferenza, anche di anni, le piante riescono a reagire e guariscono, non sarebbe la cosa migliore e si potrebbe immediatamente fermare la potatura selvaggia degli ulivi centenari? Un’altra esperienza positiva sembra essere quella dell’endoterapia: è stata presa in considerazione dai ricercatori e testata in “campi sperimentali?”
Un’altra informazione che ho avuto ascoltando Luigi Russo, è che la Xylella non sarebbe l’unico patogeno responsabile dei disseccamenti: ci sarebbero anche funghi patogeni che causano questi sintomi negli alberi, di cui non si parla e che naturalmente necessiterebbero di un protocollo di intervento a se stante.
Da un articolo molto completo su questo tema scritto da Alessandro Mattedi, scopriamo che, nel corso dei primi studi sulle piante ammalate, alcuni campioni rivelarono la presenza di funghi, appartenenti ai generi Phaeoacremonium (P. parasiticum, P. rubrigenum, P. aleophilum e P. alvesii) e Phaeomoniella. Si trattava della prima volta che venivano identificati in Italia sugli ulivi. Larve di falena leopardo (Zeuzera pyrina) sono rinvenute mentre scavano delle gallerie nel tronco e nei rami degli ulivi, permettendo ai funghi sopracitati di depositarsi.
Nelle LINEE GUIDA PER IL CONTENIMENTO DELLA DIFFUSIONE DI “XYLELLA FASTIDIOSA” subspecie pauca ceppo CoDiRO E LA PREVENZIONE E IL CONTENIMENTO DEL COMPLESSO DEL DISSECCAMENTO RAPIDO DELL’OLIVO (CoDiRO) troviamo un chiaro riferimento alle infezioni fungine: …”Risulta evidente che il controllo diretto su tali funghi, dopo il loro insediamento, è praticamente impossibile, in quanto essendo localizzati nei tessuti xilematici del tronco o delle branche, non possono essere raggiunti dai prodotti fitosanitari. Tutte le azioni, pertanto, da mettere in atto devono essere di carattere preventivo e finalizzate a mantenere lo stato vegetativo e fitosanitario delle piante in buone condizioni. Il controllo principalmente del Rodilegno giallo (Zeuzera pyrina), ma anche di altri insetti come la Cocciniglia mezzo grano di pepe (Saissetia oleae), gli scolitidi fleotribo (Phloeotribus scarabeoides) ed ilesino Leperisinus fraxini o Hylesinus oleiperda o parassiti fungini come l’Occhio di pavone (Fusicladium oleaginum), la Cercosporiosi o piombatura (Pseudocercospora cladosporioides), la lebbra (Colletotrichum spp.), consente di mantenere in buone condizioni lo stato vegetativo delle piante. Tra le azioni preventive, rilevante è la protezione dei tagli con mastici o sostanze protettive come il rame, per evitare l’introduzione attraverso tali ferite dei parassiti che si insediano nell’interno del legno.
Nessuno degli alberi che vedete nelle campagne ha le ferite da potatura disinfettate e protette per impedire l’ingresso dei parassiti!
Sempre nello stesso documento si conferma che “I funghi sono responsabili dell’imbrunimento del legno e dei disseccamenti rameali”: quali sono allora i danni da infezione fungina e quelli da Xylella? Le foto che vengono presentate riportano lo stesso tipo di disseccamento.
Non voglio dilungarmi ulteriormente, e termino questo articolo ponendo domande, non dando risposte.
Vi invito ad ascoltare fino in fondo l’intervista a Luigi Russo, che vive in prima persona questa battaglia e ha le idee chiare. Idee che, dopo aver fatto questa breve ricerca, mi sento di condividere. C’è qualcosa che realmente strano nelle azioni ritardate, confuse e poco scientifiche con cui è stato affrontato il problema Xylella.
Ancora oggi si parla unicamente di contenimento e di potature e distruzione degli alberi infetti.
Anche se, gli stessi scienziati affermano che: “Sono ancora da confermare gli eventuali effetti positivi che si possono trarre potando immediatamente le parti di piante infette da X. fastidiosa. In diversi casi gli olivicoltori hanno effettuato drastiche potature, su olivi infetti, con l’obiettivo di riformare la chioma sfruttando la capacità pollonifera dell’olivo. Tuttavia, dalle osservazioni effettuate è stato costatato che le piante reagiscono emettendo nuovi germogli, ma dopo alcuni mesi, gli stessi disseccano e successivamente il disseccamento si estendono alla branca e poi all’intera pianta. Come accertato da ricerche scientifiche, infatti, il batterio, pur se lentamente, è in grado di spostarsi nei vasi xilematici anche in senso basipeto, per cui, anche se l’infezione avviene nella parte alta della chioma, il batterio ripercorre i vasi xilematici e giunge nella parte bassa della pianta e infetta anche i nuovi germogli/polloni. I polloni che si sviluppano nella parte bassa vengono, comunque, infettati e in poco tempo seccano. In ogni caso, sono necessari ulteriori approfondimenti da eseguirsi su piante infettate da poco da X. fastidiosa, per sperimentare e verificare se una potatura severa riesca a contrastare ed evitare che le cellule del batterio possano interessare la parte bassa del tronco”.
Qualcuno mi vuole allora spiegare perché si continuano a capitozzare gli alberi?
Tornerò in Salento a fine mese e cercherò altre informazioni nella zona di Taranto e Oria.