Cari amici di “C’era una volta…” a voi è mai capitato di sentire un albero cantare?
Dopo aver letto questa meravigliosa storia green, sono sicura che ogni volta che passerete accanto ad uno di questi splendidi esemplari, lo guarderete con occhi diversi e soprattutto… tenterete di ascoltare la sua voce! Perché gli alberi non sono solo portatori di ossigeno e bellezza, ma di vita pura che merita di essere rispettata in tutte le sue forme!
Buona dolce lettura!
L’albero Canterino
C’era una volta un albero un po’ particolare, e vi dirò subito perché: sapeva cantare! All’arrivo della primavera, dunque, al primo tepore del sole, le sue tenere foglioline cominciavano ad aprirsi e intonavano un coro che si espandeva per tutto il giardino.
Dapprima iniziavano fievolmente, poi, mano a mano che crescevano e diventavano delle robuste foglie verdi, anche le loro voci si facevano sempre più sonore e armoniose rallegrando così le giornate di quel luogo ameno.
Vicino a quest’albero canterino c’era una di quelle piante grasse con quei tremendi aculei che sembravano sempre pronti a colpire chi si avvicinava troppo. Ebbene questa pianta era l’unica nel giardino che non apprezzava per niente le canzoni di questo albero e pertanto continuava a brontolare come una pentola di fagioli. – Verrà anche l’autunno – borbottava tra sé – così questa musica smetterà -. E intanto diventava sempre più gonfia di stizza e i suoi spini sembravano pronti a schizzar via per pungere qualche malcapitato.
Verso settembre arrivò nel giardino il primo venticello portando un po’ di tremore dappertutto.
La voce delle foglie dell’albero canterino cominciò a indebolirsi. E il sole, impietosito, cercò di donare loro tutto il calore di cui era capace in quel periodo dell’anno, facendole diventare splendenti come l’oro. E così poterono continuare a gorgheggiare contente.
In ottobre passò da quelle parti un signore molto distinto assieme ad un suo amico che indossava dei vestiti un po’ larghi, aveva i capelli lunghi e amava dipingere quadri.
Giunti davanti all’albero che sapeva cantare, si fermarono estasiati dallo splendore delle foglie che il sole non smetteva di accarezzare.
– Che meraviglia! – disse il signore elegante. – Davvero splendido! – replicò il pittore.
A quei complimenti le foglie arrossirono di piacere e alcune svennero per l’emozione, cadendo a terra.
– Domani potrai venir qui con il tuo cavalletto e con i tuoi pennelli – disse il signore elegante al pittore.
– Verrò volentieri e ti ringrazio – rispose questi.
– Ecco care – disse la pianta grassa – domani ci faranno il ritratto. Potreste almeno per un giorno smettere di cantare? –
– Smettere di cantare? Perché? – risposero le foglie – noi domani faremo del nostro meglio per regalare a quei signori gentili le nostre più belle melodie -. La pianta grassa bofonchiò rassegnata; tanto con quelle era proprio inutile discutere.
L’indomani era una giornata meravigliosa. Sullo sfondo del cielo turchese e alla luce del sole tutti gli alberi splendevano dei colori più belli e l’albero canterino spiccava fra tutti per la sua luminosità.
Arrivò il pittore con il suo cavalletto sul quale sistemò una tela bianca di media grandezza; si sedette su una panchina di fronte all’albero che cantava e, presi pennelli e tavolozza, iniziò a dipingere. Lo spettacolo era davvero mozzafiato; le foglie arrossivano sempre di più nel sentirsi così al centro dell’attenzione, e cantavano sommessamente.
Disse la pianta grassa: – meno male che oggi almeno cantate più piano e non mi rompete i timpani con i vostri strilli (!) –
Alla fine della giornata il pittore regalò il quadro al suo amico che ne fu molto contento, mentre la notte abbassò le palpebre a tutti gli abitanti del giardino, che si addormentarono pacifici.
L’autunno e l’inverno avanzavano a grandi passi e il vento che li accompagnava faceva cadere le foglie di quasi tutti gli alberi. Solo la pianta grassa rimaneva imperterrita, assieme alle piante sempreverdi che sonnecchiavano silenziose.
Anche le foglie canterine caddero una ad una e, mentre si adagiavano sul terreno intorno al tronco dell’albero, continuavano a cantare piano piano, finchè si addormentarono tranquille; sapevano infatti che l’albero conosceva a memoria le loro canzoni e le teneva ben custodite per la primavera successiva.
La pianta grassa, che ormai non poteva più sentirle, disse: – meno male che almeno adesso posso dormire in pace – e, distolto lo sguardo dai rami spogli dell’albero, cominciò a russare come un trombone stonato.
In una bella casa, non molto lontano dal giardino, quel signore elegante di cui abbiamo parlato poco fa, una sera invitò a cena amiche ed amici con le rispettive famiglie. E in quell’occasione mostrò loro il dipinto fatto dal suo amico all’albero dai colori splendenti.
Tutti guardarono il ritratto con ammirazione. Fra i presenti c’era anche una ragazzina che amava molto dipingere e alla vista del quadro proruppe in una esclamazione di meraviglia: – Ma è bellissimo! Quell’albero ha i colori dell’oro e sembra quasi che sprigioni una musica! -. Non si era resa conto, come noi sappiamo, di aver detto proprio la verità. E fu così che il nostro albero potè continuare a cantare felice nel quadro, in ogni stagione, ma solo le persone speciali riuscivano a sentirlo.
Fine