In Nigeria finalmente vietate le mutilazioni genitali femminili

Ho lavorato per anni con Associazioni femminili che si occupano di tutelare le donne di ogni cultura e paese, e in questi giorni tutti coloro che si sono battuti per sensibilizzare sul tema delle mutilazioni genitali femminili, dei loro effetti sulla salute e sulla psiche di bambine e donne per tutto il corso della loro vita, possono stringersi la mano e gioire: la Nigeria, uno dei più grandi paesi africani in cui questa pratica ancestrale è ancora portata avanti, ha vietato con una legge queste pratiche.

ll divieto rientra nell’ambito di una proposta di legge contro la violenza sulle persone che è stata approvata in Senato il 5 maggio scorso e recentemente approvata. Questo è stato uno degli ultimi atti voluti dal presidente uscente, Goodluck Jonathan. Il suo successore, Muhammadu Buhari, ha prestato giuramento in carica lo scorso Venerdì 29 Maggio.

Come mutilazioni genitali femminili si intende la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni per scopi non medici e sono state classificate dell’Organizzazione mondiale della sanità in 4 tipi differenti, a seconda della gravità degli effetti:

  1. Circoncisione (o infibulazione al-sunna): è l’asportazione della punta della clitoride, con fuoriuscita di sette gocce di sangue simboliche;
  2. Escissione del clitoride al-wasat: asportazione della clitoride e taglio totale o parziale delle piccole labbra;
  3. Infibulazione (o circoncisione faraonica o sudanese): asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale;
  4. Il quarto gruppo comprende una serie di interventi di varia natura sui genitali femminili.

Secondo l’UNICEF:

“Più di 130 milioni di bambine e donne hanno subito mutilazioni genitali nei 29 paesi dell’Africa e del Medio Oriente, dove la pratica è più comune.” Con l’aiuto attivisti e volontari che cercano di porre un termine a questo orrore, oggi le ragazze adolescenti hanno un terzo in meno di probabilità di subire mutilazioni rispetto a 30 anni fa. La pratica delle MGF è documentata e monitorata in 27 paesi africani e nello Yemen. In altri Stati (India, Indonesia, Iraq, Malesia, Emirati Arabi Uniti e Israele) si ha la certezza che vi siano casi di MGF ma mancano indagini statistiche attendibili.

Ora, con la nuova legge che criminalizza questa procedura e promette il carcere a chi la pratica, la speranza che questa pratica venga condannata anche dalla società, e al più presto abbandonata, in un paese come la Nigeria in cui secondo i dati delle Nazioni Unite, nel 2014 un quarto delle donne in Nigeria hanno subito mutilazioni genitali. Il problema si presenta non solo in Africa, ma anche in paesi di forte immigrazione come quelli europei, dove la pratica è portata avanti, oppure le bambine se rientano in patria per una vacanza, spesso tornano a casa mutilate.

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Anche se la religione islamica è quella che oggi permette alla cultura della mutilazione genitale di andare avanti, collegare le mutilazioni alla religione non è sufficiente: il tentativo di controllo del potere sessuale femminile e della libertà delle donne a provare piacere nel sesso si perde nella notte dei tempi della società patriarcale di ogni regione del mondo. Una opinione diffusa nella società occidentale moderna è che quella che genericamente viene chiamata “infibulazione” sia una pratica presente soltanto nelle società di cultura islamica.

Niente di più inesatto, perché questa crudele operazione veniva praticata fin dagli albori della civiltà, molti secoli prima della comparsa sulla scena della Storia della religione islamica.

Il grande storico greco Erodoto (V sec. a.C) racconta che le mutilazioni genitali erano praticate molto prima della sua epoca da Fenici, Ittiti, Egizi, Etiopi.

Strabone (I sec.a.C.), Sorano d’Efeso (II sec. d.C.), Ezio di Amida (V/VI sec. d.C.), raccontano che anche in Atene e in Roma veniva praticata la “infibulazione” chiudendo l’apertura vaginale con una spilla (fibula) alle mogli dei soldati che partivano per le campagne militari dell’Impero allo scopo di impedirne l’adulterio durante la loro assenza. Al medesimo trattamento venivano sottoposte le schiave per evitare che restassero incinta rendendo meno sul lavoro. Una pratica diversa ma non meno umiliante e barbara verrà riservata nel periodo delle Crociate alle spose dei crociati in partenza per la Terrasanta con la cintura di castità. Ma non serve andare troppo indietro nel tempo, basti pensare che alla fine del 1800 nella civile Inghilterra, per le donne con troppe fantasie sessuali e desiderio di farre l’amore venivano prescritte cure quali: elettrodi al bacino, sanguisughe all’inguine, alle grandi labbra, all’utero, oppure rimozione del clitoride. Nel XIX secolo l’operazione chirurgica che andava sotto il nome di “clitoridectomia“, era una terapia praticata su donne ritenute affette da isteria, depressione, epilessia, e in particolare fino a tempi molto recenti veniva asportato il clitoride alle malate psichiatriche per evitare che si masturbassero. Quando non si procedeva alla lobotomia, come è successo a tante donne poco più che 50 anni fa, ridotte a stato vegetativo perché troppo emancipate o che non si adattavano alle regole della società: un esempio famoso è quello di Rosemary Kennedy, ridotta ad un vegetale per decisione del padre Joseph P. Kennedy che decise trasformare la ventitreenne figlia ribelle in una brava donnina tranquilla. Se pensiamo poi che i falsi modelli presentati dai mezzi di comunicazione e dalla pornografia hanno fatto si che le nuove generazioni aspirino a ritoccarsi chirurgicamente la vagina, auto-mutilandosi in nome di un’estetica pericolosa per la salute e la psiche, e che incoraggia le donne a non accettare il proprio corpo e a sentirsi “sbagliate” o “strane”. Si è trovata una via meno truculenta per arrivare allo stesso punto?

Queste ultime parole sono un invito per tutti, a non giudicare e fomentare il razzismo grazie ad articoli come questo, ma a risparmiare il fiato e rimboccarsi le maniche per cambiare le cose, e soprattutto le donne ad essere le prime a rispettare il proprio corpo. Perché è possibile che le cose migliorino, e quello che sta succedendo oggi in Nigeria sarebbe stato impensabile fino a pochi anni fa.

Un grazie a tutti coloro che lavorano ogni giorno perché la vita delle donne sia migliore, perché di strada da fare ne abbiamo ancora molta. Per saperne di più consiglio la visione del video qui sotto.

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