Nonostante in alcuni Paesi si faccia ancora ricorso alla pena di morte, in altri questa forma disumana ed estrema viene lentamente abbandonata. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto di Amnesty International sulla pena capitale nel 2012, che registra una lenta diminuzione di questa pratica a livello globale.
Nonostante in alcuni Paesi si faccia ancora ricorso alla pena di morte, in altri questa forma disumana ed estrema viene lentamente abbandonata. È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Amnesty International sulla pena capitale nel 2012, che registra una lenta diminuzione di questa pratica a livello globale.
Qualche Paese che aveva fermato le esecuzioni è tornato ad uccidere: Pakistan, India, Gambia e Giappone. I Paesi mantenitori della pena capitale sono 58, ma soltanto 21 hanno eseguito le condanne nell’anno passato. Si parla di almeno 682 persone giustiziate, ma ovviamente le stime dell’organizzazione sono sempre molto più basse del reale. Anche perché questo tema è diventato sempre più imbarazzante: Cina, Iran, Giappone, Arabia Saudita, fra i massimi carnefici della propria cittadinanza, sono sempre meno disponibili a fornire dati. In certi casi, l’esecuzione viene tenuta nascosta persino alle famiglie del condannato, informate spesso soltanto dopo l’esecuzione. Solo gli Stati Uniti, unico Stato nelle Americhe in cui questa pratica è ancora presente, pubblicizzano i loro dati: 43 esecuzioni lo scorso anno, come nel 2011, ma solo in 9 stati anzichè in 13.
«I passi indietro che abbiamo visto in alcuni paesi sono stati deludenti, ma non hanno invertito la tendenza mondiale contro il ricorso alla pena di morte. In molte parti del mondo le esecuzioni stanno diventando un ricordo del passato – ha affermato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International – Nel mondo solo un paese su dieci continua a usare la pena di morte. I loro leader dovrebbero chiedersi perché applicano ancora una pena crudele e disumana che il resto del mondo sta abbandonando».
Continua il segretario generale di Amnesty, «i governi che usano ancora la pena di morte non hanno più scuse. Non c’è più alcuna prova che indichi che la pena di morte abbia un potere deterrente speciale contro il crimine. La vera ragione per l’uso della pena di morte può spesso essere trovata altrove. Nel 2012, abbiamo ancora una volta assistito con grande preoccupazione all’uso della pena di morte per quelli che sono sembrati essere scopi politici, o come misura populista o come strumento di repressione».
Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi, senza eccezioni, indipendentemente da: natura o circostanze del crimine, colpevolezza, innocenza o altre caratteristiche dell’individuo, metodo usato dallo stato per compiere esecuzioni. La pena di morte nega il diritto alla vita ed è la pena più crudele, disumana e degradante.