Adottare topi salvati dai laboratori e destinati alla vivisezione. Molti li considerano creature “orribili”. Si tratta, in realtà, di animaletti miti e intelligenti, che meritano come tutti gli altri una vita dignitosa e serena. Che vanno resi “visibili” agli occhi del mondo per contribuire a far conoscere la triste realtà della sperimentazione animale. Ma cosa significa accoglierli in casa? Ne parliamo con Valerio Marletti, che di ratti ne ha adottati ben 7, di cui 5 arrivano dal progetto I-CARE del dottor Massimo Tettamanti, chimico ambientale ed esperto in materia di vivisezione e antispecismo, che nel solo mese di settembre 2012 è riuscito a bloccare tre esperimenti di vivisezione in alcune Università italiane, il cui nome non viene divulgato per non compromettere gli accordi di riservatezza necessari per la consegna degli animali, salvando dalla sperimentazione ben 1045 animali.
Valerio, come è iniziata la tua avventura con i ratti?
La mia esperienza con loro è iniziata grazie al progetto I-Care, anche se, a dire il vero, non ricordo bene se il primo topolino (era un topolino il primo, non un ratto) uscito dal laboratorio fosse stato liberato grazie a questo progetto o se avesse beneficiato di qualche altra situazione un po’ più “rocambolesca”. Comunque, di certo anche lui veniva da un laboratorio: ne uscirono ben 300 in quella data e sistemarli non fu affatto semplice. Era il lontano 2007. Rimase con me solo pochi mesi, forse 12 o 13, poi, purtroppo, fu colpito da un infarto. Spesso lo stress accumulato fa questi brutti scherzi. Ma, in genere, i topini sono molto più longevi, anche oltre i 24 mesi che la natura gli concede di solito.
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Cosa ricordi del primo adottato?
Lui era molto timido, l’ho sempre tenuto in una gabbia, benché molto grande, perché era microscopico e avevo paura che si infilasse dietro qualche armadio, che mi rosicchiasse i cavi elettrici o che cadesse dal terrazzo. Ogni giorno lo facevo uscire per un po’, ma sempre sotto la mia super-vigilanza. Non era molto esigente in fatto di cibo, ma ricordo che amava mangiare in compagnia. O almeno io ho sempre pensato così. Altrimenti perché mi sarebbe venuto vicino ogni volta che mi avvicinavo alla gabbia con qualcosa che stavo mangiando?
Da allora sono passati 5 anni, quanti ratti hai con te oggi?
Ora ospito 7 ratte: 5 arrivano dal progetto I-care, mentre due sono nate in casa di una persona che si è fatta sfuggirei i maschi dalla gabbia, che hanno incrociate 3 belle tope e…et voilà: 52 “rattinini”! A quel punto mi son detto: “le mie 5 ratte arrivano tutte da una situazione simile e hanno qualche remora a lasciarsi andare con me…sono molto spaventate. La persona che ora ha 52 piccolini ha bisogno di una mano. E se un paio di questi piccolini potessero fare da ponte tra me e le 5 ratte più adulte? Potrebbe essere un’idea…”. E così, avendo anche lo spazio necessario, mi sono offerto per adottare due ratte nate in casa.
E ha funzionato?
Il risultato della socializzazione è stato raggiunto a metà: le piccoline sono più socievoli delle altre, questo sì, ma vanno a giornate. E poi questo è un periodo in cui le tengo libere sul terrazzo, offrendo loro la possibilità di “rinselvatichirsi”. E questo le rende anche più “indipendenti”: trovano cibo nei vasi, scavano, passano molto più tempo a fare cose che prima non avevano mai fatto, ma che il loro istinto gli suggerisce di fare. Tra queste, quella che mi fa un po’ “HMMMMM!!!” è il fatto che scavano nei vasi, tirandomi giù le piantine e buttando la terra fuori. Ecco, questo è davvero un problema, ma per fortuna è l’unico.
Vista la tua esperienza, cosa puoi suggerire agli aspiranti adottanti?
La prima parola d’ordine è “sicurezza“. Ovviamente dovrete tenere le finestre di accesso al balcone sempre ben chiuse. Oppure usare un pannello di plexiglas, abbastanza alto, cosicché non possano scavalcarlo con un salto (e considerate che saltano anche 40 cm!). In generale, però, quello che raccomando sempre è ciò che dico anche per gli altri animali: ricordatevi che è un impegno a lungo termine, che può’ durare come minimo 3 anni nel caso dei ratti, o 18 anni e più, ad esempio, per i cani. Tornando ai topi, per godere al massimo della loro presenza, si dovrebbe fornire loro la possibilità di essere “liberi”, pur stando in casa. Gli piace arrampicarsi? E voi mettere delle corde, dei vasi con un ramo secco, una qualsiasi cosa su cui loro possano arrampicarsi e nascondersi per poi guardarvi e dirvi: “Hihihihihih! Non mi vedi, non mi vedi!”.
Insomma, i ratti sono davvero empatici!
I ratti sono animali molto socievoli, amano stare tra di loro, ma non disdegnano la possibilità di dormire da soli, al calduccio, senza dover essere schiacciati da qualche loro amico che vuole stare “vicino-vicino”. Sono propensi al contatto con l’uomo, ma non vi porteranno mai il giornale o le ciabatte. Però potranno fare a pezzi sia l’uno che l’altro, se glielo lasciate fare. Non perdono il pelo, ma lasciano piccoli ricordini neri e secchi (per fortuna!), che potrete spazzare via dal balcone, senza troppi problemi. Non abbaiano e non miagolano, ma quando mangiano una cosa croccante, tipo la pasta cruda, fanno dei bei concertini. Non vi sentirete dire “grazie” per quello che state facendo, ma voi chiedetegli comunque “scusa” per quello che gli è stato fatto.
Per aiutare I-CARE a dare ai ratti la vita che meritano, aprendo le vostre case a questi animali speciali e unici, dalla grande forza emotiva e dall’enorme voglia di vivere, proprio come ha fatto Valerio, potete scrivere all’indirizzo info@icare-italia.org, specificando la vostra città di residenza, gli altri animali presenti in casa e gli animali di cui si ha avuto esperienza in passato, anche se non presenti attualmente. Nel caso in cui qualcuno volesse essere incoraggiato ancora un po’, Valerio ci ha permesso di lasciarvi il suo indirizzo mail. Non esitate a contattarlo: valerio.marletti@gmail.com