Facebook ha sospeso l’account di Greenpeace Usa e altri gruppi ambientalisti, nonostante la promessa di combattere la disinformazione

Facebook ha sospeso gli account di ambientalisti per aver lanciato un’iniziativa contro la disinformazione sui cambiamenti climatici.

Facebook ha sospeso gli account di diverse organizzazioni ambientaliste “colpevoli” di aver lanciato un’iniziativa che si diceva avrebbe contrastato una marea di disinformazioni sui cambiamenti climatici. Ma dal colosso dei social dicono si sia trattato di un errore di sistema.

Eppure, a gruppi come Greenpeace USA, Climate Hawks Vote e Rainforest Action Network e ad altri è stato impedito di pubblicare o inviare messaggi su Facebook durante il fine settimana appena trascorso, mentre gli attivisti affermano che centinaia di altri account individuali collegati a gruppi indigeni, climatici e di giustizia sociale sono stati sospesi per una presunta “violazione dei diritti di proprietà intellettuale”.

Le persone e i gruppi sospesi sono stati tutti coinvolti in un evento Facebook del maggio dello scorso anno che ha preso di mira KKR & Co, una società di investimento statunitense che sostiene il gasdotto Coastal GasLink, in costruzione nella Columbia Britannica settentrionale, in Canada.

Il progetto “Coastal GasLink pipeline” voluto della compagnia TransCanada, leader nel settore delle infrastrutture energetiche, vede infatti la costruzione di un gasdotto di circa 700km a scapito delle terre ancestrali dei Wet’suwet’en. Secondo gli attivisti, il Coastal GasLink andrebbe ad alimentare un imponente impianto di esportazione di gas naturale liquefatto, chiamato “Liquefied Natural Gas Canada” (il più grande investimento privato nella storia canadese).

E così, la sospensione da parte di Facebook, il giorno prima di un’altra azione online rivolta a KKR & Co, ha fatto infuriare gli attivisti che si oppongono al gasdotto.

Non siamo sorpresi dalle azioni intraprese da Facebookscrivono in un comunicato. […] I video di estrema violenza e appelli alla violenza da parte delle milizie a Kenosha, Wisconsin, possono persistere su Facebook. Noi, invece, siamo banditi e riceviamo minacce di rimozione permanente, per aver pubblicato una petizione online. Facebook sta attivamente sopprimendo coloro che si oppongono ai capitalisti coloniali. Dobbiamo ricordare che questo mostra anche il potere che abbiamo come collettivo: le nostre voci sono state ascoltate dal KKR ed è stato minacciato abbastanza da intraprendere un’azione legale. Quello che stiamo facendo è lavorare. Le azioni continueranno. Continueremo a vivere nei nostri territori come abbiamo sempre fatto e proteggeremo i nostri territori per le generazioni future”.

Un tentativo, dunque, di zittire chi vuole porre l’attenzione su azioni ingiuste, razziste e illecite, come quelle che KKR sta intraprendendo investendo nel gasdotto costiero in Canada?

I gruppi chiedono che Facebook ripristini immediatamente l’acceso a tutti gli account, fornisca una spiegazione completa e si impegni a non piegarsi alle pressioni aziendali volte a mettere a tacere le proteste.

La risposta di Facebook

In una dichiarazione, un portavoce di Facebook ha detto “i nostri sistemi hanno erroneamente rimosso questi account e contenuti. Da allora sono stati ripristinati e abbiamo rimosso tutti i limiti imposti ai profili identificati”.

Le sospensioni sono arrivate solo pochi giorni dopo che il social ha lanciando un “Centro di informazione sulla scienza del clima” per contrastare post ampiamente condivisi ma fuorvianti che rifiutano la scienza consolidata della crisi climatica.

Ci impegniamo ad affrontare la disinformazione sul clima” – ha detto Facebook sottolineando anche i propri sforzi per ridurre le proprie emissioni nette di gas serra a zero quest’anno. Il centro informazioni includerà post di fonti scientifiche affidabili, valutati da fact-checker.

Ma le organizzazioni per il clima si sono chieste se Facebook stia facendo abbastanza per ridurre le falsità sulla crisi climatica che si diffondono. Nel 2018, ad esempio, un video che negava che l’attività umana fosse alla base della crisi climatica è stato condiviso su Facebook e visto 5 milioni di volte.

Articoli e video sul cambiamento climatico possono essere considerati un’opinione, il che significa che secondo le linee guida di Facebook non possono essere bloccati dai suoi factchecker. Questa scappatoia ha fatto sì che questo mese la Coalizione CO2, un gruppo che sostiene che più anidride carbonica sia un bene per il pianeta, è riuscita a ribaltare un factcheck su un articolo che attaccava l’accuratezza dei modelli climatici. Un factcheck ha valutato il pezzo come “falso” ma è stato pubblicato da Facebook quando è stato etichettato come opinione.

Ma intanto, “le azioni parlano più delle parole e ancora una volta Facebook ha intrapreso azioni che sono in netto contrasto con le dichiarazioni pubbliche della società”, conclude Elizabeth Jardim, attivista aziendale senior di Greenpeace USA.

Dov’è insomma la verità? A ognuno la sua risposta…

Fonti: Greenpeace USA / Facebook

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