Vi siete mai chiesti con quale energia vengono alimentate le nostre attività sulla rete? Bene, è il momento di farci questa domanda, perché – stando ai dati pubblicati nell’ultimo rapporto di Greenpeace, dall’emblematico titolo “How Dirty is Your Data?” – la rapida crescita delle attività su internet va di pari passo con un impatto ambientale sempre più accentuato e insostenibile, dato soprattutto dal ricorso al carbone, usato proprio per alimentare la crescita della Rete.
Vi siete mai chiesti con quale energia vengono alimentate le nostre attività sulla rete? Bene, è il momento di farci questa domanda, perché – stando ai dati pubblicati nell’ultimo rapporto di Greenpeace, dall’emblematico titolo “How Dirty is Your Data?” – la rapida crescita delle attività su internet va di pari passo con un impatto ambientale sempre più accentuato e insostenibile, dato soprattutto dal ricorso al carbone, usato proprio per alimentare la crescita della Rete.
Secondo lo studio di Greenpeace infatti, che evidenzia un aumento dell’impatto ambientale di Internet e analizza le scelte operate in materia di energia dai principali player dell‘Information Technology (IT), ci sono alcuni casi virtuosi, come Yahoo!, Akamai e Google, che come abbiamo visto recentemente, tende ad investire nelle energie rinnovabili. Ma la maggior parte delle realtà dell’IT, per alimentare le attività in rete, usa il carbone.
Greenpeace è arrivata a queste conclusioni misurando la grande quantità di elettricità che alimenta le attività online e dimostra come l’industria dell’IT, nonostante alcuni rari casi, stia sostanzialmente ignorando l’idea di alimentare le infrastrutture telematiche con fonti rinnovabili. E in molti casi c’è addirittura un atteggiamento reticente e ostile nei confronti di chi chiede di rendere pubblici i propri consumi energetici.
Ma quali sono le aziende più “carbonivore”, che ricorrono alla fonte fossile più inquinante e dannosa per alimentare i propri data center? Ecco la nefasta classifica secondo Greenpeace delle aziende su cui viaggiano i dati più “sporchi” calcolata in base alla percentuali di elettricità utilizzata proveniente da centrali a carbone sulla totalità dei consumi:
- Apple 54.5%
- Facebook 53.2%
- IBM 51.6%
- HP 49.3%
- Twitter 42.5%
- Google 34.7%
- Microsoft 34.1%
- Amazon 28.5%
- Yahoo! 18.3%
Al primo posto troviamo Apple, seguito da Facebook (contro cui l’associazione dell’arcobaleno si è accanita con diverse campagne di sensibilizzazione ultima delle quali ha stabilito il Guinness dei primati per la quantità di commenti ricevuti) , seguono IBM, HP, Twitter, meglio con percentuali che scendono sotto il terzo Google e Microsoft; troviamo poi, i più virtuosi, Amazon e Yahoo!.
“Crediamo che gli utenti della Rete abbiano diritto di sapere, quando fanno un upload o caricano un video, se la loro attività contribuisce ad alimentare le ceneri tossiche della combustione del carbone, a surriscaldare il pianeta, a mettere in conto per il futuro nuove Fukushima o se invece poggia su un’energia pulita” – ha detto Gary Cook, IT Policy Analyst di Greenpeace.
“Molte aziende dell’IT – ha commentato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – stanno investendo, in materia di consumi energetici, solo sull’efficienza. Ma lo sviluppo della Rete e l’innovazione non possono prescindere da una chiara scelta in favore dell’elettricità pulita. I grandi player di Internet – Yahoo! è in tal senso un esempio virtuoso, Facebook uno pessimo – devono staccare la spina al carbone, alle fonti fossili e al nucleare e alimentare i loro data center con energie rinnovabili”.
Verdiana Amorosi