Gli utenti delle app Bancoposta e PostePay, aggiornate di recente, si trovano costretti a consentire il rilevamento di software dannosi senza opzioni chiare di rifiuto, sollevando dubbi sulla privacy e spingendo Altroconsumo a richiedere un'indagine al Garante della Privacy
Gli utenti dell’app Bancoposta e PostePay di recente hanno ricevuto aggiornamenti che richiedono l’autorizzazione a rilevare software dannosi sui dispositivi. Nonostante l’opzione “scopri di più” conduca a una pagina informativa sulle misure anti-malware, molti utenti si sono sentiti obbligati ad accettare queste condizioni senza alternative chiare, eccetto l’uso del tasto “Indietro” per declinare l’aggiornamento, spesso con più tentativi necessari. Nel dettaglio, gli utenti hanno ricevuto il seguente messaggio:
Con l’obiettivo di prevenire potenziali frodi, Poste Italiane vuole garantirti un’esperienza ancora più sicura nell’utilizzo delle sue applicazioni. Proseguendo, autorizzi Poste Italiane e PostePay a rilevare e raccogliere i dati sulla presenza di software dannosi sul tuo dispositivo.
L’impossibilità di rifiutare espressamente tali condizioni ha suscitato dubbi tra gli utenti, alcuni dei quali hanno temuto si trattasse di un tentativo di truffa. Il messaggio aggiornato non offre alternative chiare, proponendo solamente un invito a “scoprirne di più” sulla pagina ufficiale, dedicata alla protezione dalle truffe.
Questo aggiornamento non è un atto fraudolento, bensì una misura preventiva contro attacchi hacker. Poste Italiane e PostePay chiedono agli utenti il permesso di rilevare la presenza di software malevoli, una pratica comune per salvaguardare la sicurezza nelle transazioni online. Tuttavia, l’assenza di un’opzione chiara per rifiutare l’aggiornamento solleva interrogativi sulla volontarietà del consenso: gli utenti sono realmente liberi di scegliere, o si trovano di fronte a una falsa dicotomia tra sicurezza e privacy?
L’associazione dei consumatori, Altroconsumo, ha espresso preoccupazione per le modalità di raccolta dati adottate dall’app, spingendo per un intervento del Garante della Privacy. L’indagine richiesta mira a verificare la compatibilità delle pratiche di raccolta dati dell’app con le normative europee sulla protezione dei dati personali, in particolare il General Data Protection Regulation (GDPR).
La risposta di Poste Italiane alle Preoccupazioni sulla Privacy
In risposta alle crescenti preoccupazioni, Poste Italiane ha nuovamente giustificato la raccolta di tali dati come una misura anti-malware, necessaria per contrastare le frodi online e incrementare la sicurezza dei sistemi di pagamento. Tuttavia, l’approccio adottato sembra andare oltre il semplice antivirus, sollevando dubbi sulla legittimità e sulla proporzionalità della raccolta di dati così estesa.
Altroconsumo ha sottolineato che, secondo il GDPR, le app dovrebbero limitare la raccolta di dati al solo necessario per il loro funzionamento. Ogni eccesso in questo senso potrebbe essere considerato una violazione della privacy. Inoltre, la normativa stabilisce che nessun utente dovrebbe essere costretto a fornire il consenso come condizione per l’accesso ai servizi.
Questo aggiornamento solleva un quesito cruciale: è giusto che la ricerca di maggiore sicurezza riduca il controllo degli utenti sulla loro privacy digitale? È fondamentale che le aziende mantengano una trasparenza assoluta, permettendo agli utenti di prendere decisioni consapevoli sulla gestione dei propri dati personali.
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Fonte: NextMe
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