Una ricerca ha scoperto la presenza di un modello coerente di onde cerebrali in più specie di primati, tra cui anche gli esseri umani
Uno studio pubblicato su Nature Neuroscience ha rivelato la presenza di un modello coerente di onde cerebrali in più specie di primati, tra cui gli esseri umani. Questo modello è emerso attraverso l’analisi dell’attività elettrica nei sei strati della corteccia cerebrale, il tessuto che riveste l’esterno del cervello nei mammiferi.
Le onde cerebrali più veloci, conosciute come ritmi gamma (50-150 Hz), si manifestano negli strati superficiali della corteccia, mentre le onde più lente, denominate ritmi alfa-beta (10-30 Hz), si riscontrano negli strati più profondi. Questo schema è stato identificato in 14 diverse regioni della corteccia cerebrale, dimostrando la sua universalità.
Secondo André Bastos, autore senior dello studio presso la Vanderbilt University, le onde lente negli strati profondi svolgono un ruolo di “guardiani”, controllando quali informazioni entrano nel pensiero cosciente. D’altro canto, le onde veloci nei livelli più superficiali riflettono i pensieri consapevoli.
Come si è svolto lo studio
Le ricerche precedenti avevano suggerito che questi modelli riflettessero il modo in cui il cervello gestisce consapevolmente l’attenzione e cambia da un’informazione all’altra. Gli studi, condotti su scimmie, si sono concentrati su specifiche aree della corteccia cerebrale, ma il nuovo studio dimostra che il modello è presente in modo ubiquitario.
Per condurre la ricerca, i ricercatori hanno utilizzato sonde laminari multicontatto, dispositivi chirurgicamente impiantati per registrare l’attività di tutti gli strati della corteccia contemporaneamente. Queste sonde hanno permesso una visione ad alta risoluzione dell’attività cerebrale, distinguendo le onde cerebrali nei diversi strati corticali.
L’analisi dei dati ha rivelato che il modello universale delle onde cerebrali è identificabile in diverse specie di primati, tra cui macachi, uistitì e esseri umani. Tuttavia, il modello non è stato riscontrato nei topi, suggerendo che potrebbe essere specifico dei primati.
Gli studi futuri potrebbero esplorare come le condizioni che interessano il cervello, come l’Alzheimer o la schizofrenia, possano influenzare questo modello di onde cerebrali. I ricercatori sperano che avanzamenti nelle tecnologie di registrazione del cervello consentiranno di comprendere più approfonditamente la base neurale del pensiero e di affrontare condizioni neurologiche complesse.
Questa scoperta apre dunque nuove prospettive per la comprensione dell’attività cerebrale nei primati, gettando le basi per ulteriori ricerche sul funzionamento del cervello e potenzialmente contribuendo allo sviluppo di diagnostiche e trattamenti più precisi per condizioni neurologiche.
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Fonte: Nature Neuroscience
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