Uno studio ha rivoluzionato le credenze che fino ad ora avevamo riguardo all’effetto che le illusioni ottiche fanno al nostro cervello
Un nuovo studio condotto da Jolyon Troscianko, ecologo visivo dell’Università di Exeter, e da Daniel Osorio, neuroscienziato dell’Università del Sussex nel Regno Unito, si è concentrato sulle illusioni ottiche e su come queste “ingannino” il nostro cervello.
È infatti intervenuto nel dibattito per capire se certi errori di percezione di colori, ombre e forme siano il risultato del funzionamento dell’occhio o del cablaggio neurologico del cervello.
I due ricercatori hanno scoperto che specifiche classi di illusioni possono essere spiegate dai limiti dei nostri neuroni visivi, ovvero le cellule che elaborano le informazioni provenienti dagli occhi, piuttosto che da un’elaborazione di livello superiore.
C’è un limite alla velocità con cui i neuroni possono accendersi
Questi neuroni hanno solo una larghezza di banda finita e gli autori dello studio hanno sviluppato un modello che mostra come questo possa influenzare la nostra percezione di schemi su scale diverse, basandosi su un lavoro precedente che analizzava il modo in cui le gamme di colori vengono percepite negli animali.
Troscianko ha spiegato:
I nostri occhi inviano messaggi al cervello facendo sì che i neuroni si attivino più velocemente o più lentamente. Tuttavia, c’è un limite alla velocità con cui possono accendersi e le ricerche precedenti non hanno considerato come questo limite possa influenzare il modo in cui vediamo i color.
Il nuovo modello suggerisce che i limiti nell’elaborazione e nell’energia metabolica costringono i neuroni a comprimere i dati visivi che arrivano attraverso gli occhi. Questo fenomeno è meno evidente nella confusione dei paesaggi naturali, ma ha un impatto maggiore sul modo in cui percepiamo i modelli più semplici.
Lo stesso accade quando le immagini digitali vengono compresse: in una foto di una scena reale, gli artefatti di compressione sono più difficili da individuare, perché i pixel sono più confusi e variegati. In un’illustrazione digitale, dove le linee e i bordi sono fissi e distinti, gli artefatti da compressione tendono a risaltare.
Lo studio ribalta molte ipotesi sul funzionamento delle illusioni ottiche
Le scoperte potrebbero aiutarci a capire perché percepiamo i contrasti nei moderni televisori con HDR (High Dynamic Range) integrato. In teoria, i nostri occhi non dovrebbero essere in grado di rilevare l’incredibile livello di contrasto tra il bianco più chiaro e il nero più scuro presentato con questa tecnologia.
I ricercatori sostengono che i neuroni si sono evoluti per essere il più efficienti possibile: alcuni sono configurati per notare differenze minime di tonalità. Altri invece sono impostati per essere meno sensibili alle piccole differenze, ma molto più bravi a rilevare grandi gamme di contrasto, motivo per cui i televisori HDR più recenti sembrano più impressionanti.
Sempre Troscianko ha illustrato:
Il nostro modello mostra come i neuroni con una larghezza di banda di contrasto così limitata possano combinare i loro segnali per permetterci di vedere questi enormi contrasti, ma l’informazione viene compressa, dando luogo a illusioni visive. Il modello mostra come i nostri neuroni si siano evoluti proprio per utilizzare ogni briciolo di capacità.
Questo vale per le molte illusioni che emergono dalle differenze di contrasto. In questi scenari, gran parte della nostra percezione dei colori si basa sul contesto e il nuovo modello mostra esattamente quale parte del nostro sistema di elaborazione visiva è responsabile.
Il modello computazionale è stato testato ed è risultato valido per la percezione umana di varie illusioni ottiche, per le risposte registrate nelle retine dei primati e per oltre 50 esempi di fenomeni di luminosità e colore.
In precedenza, si pensava che altri fattori come la nostra conoscenza delle forme e degli oggetti o i movimenti degli occhi potessero essere responsabili del fatto che le illusioni ottiche ci ingannassero così completamente. Ciò dunque ribalta molte ipotesi di lunga data sul funzionamento delle illusioni visive.
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Fonte: PLOS Computational Biology
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