Smartphone nuovo di zecca. Un attimo di distrazione e finisce sul pavimento. Risultato? Schermo in frantumi e nuovi rifiutielettronici prodotti. Ma tra qualche anno le imprecazioni e i touchscreen in mille pezzi potranno essere solo un ricordo perché sapranno autoripararsi
Smartphone nuovo di zecca. Un attimo di distrazione e finisce sul pavimento. Risultato? Schermo in frantumi e nuovi rifiutielettronici prodotti. Ma tra qualche anno le imprecazioni e i touchscreen in mille pezzi potranno essere solo un ricordo perché sapranno autoripararsi.
A lavorare su questo fronte è Duncan Wass, professore dell’Università di Bristol da tempo impegnato nella “resurrezione” dei cellulari. Croce e delizia dei nostri tempi, potrebbero dunque auto-ripararsi completamente da soli facendo non solo risparmiare sull’acquisto di un nuovo modello ma anche sulla produzione di rifiuti.
Come? Grazie a uno speciale “agente di guarigione” a base di carbonio che potrebbe avere applicazioni al di là del settore dei dispositivi mobili.
Frutto del lavoro del team di ingegneri di Bristol, lo speciale materiale può facilmente autoripararsi promettendo di rivoluzionare i processi produttivi dei telefoni.
La riparazione è il risultato di un processo simile a quello che si verifica nel nostro corpo quando su una ferita si forma la crosticina dopo una fuoriuscita di sangue.
Allo stesso modo, lo speciale agente è stato progettate per scoppiare quando lo schermo si incrina, rilasciando la soluzione che si indurisce immediatamente diventando invisibile. La sostanza si trova all’interno di milioni di microsfere che si aprono e riversano il liquido dopo il forte urto.
Inizialmente, questo composto è stato progettato esclusivamente per le applicazioni aeronautiche per riparare direttamente in volo le piccole crepe che si sviluppano sulle ali degli aerei, garantendo controlli di sicurezza, più rapidi, sicuri e anche meno costosi.
Ma potrebbe essere praticamente applicato a tutti i materiali in fibra di carbonio, come ha osservato il prof. Wass, dalle attrezzature sportive al telaio della bici.
Meno oggetti da buttare via e una maggiore durata della loro vita. Un modo per contrastare l’obsolescenza programmata?
Francesca Mancuso
Foto: Forbes
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