Può un iPhone far conoscere il “lato oscuro” legato alla sua realizzazione? Da oggi, “c'è un'app”! O meglio c'era. Ma se è vero che, come recita un celebre spot, “c'è un'app praticamente per tutto”, non tutti le applicazioni vanno bene alla Mela di Cupertino.
Stiamo parlando di “Phone Story”, un “radical” game che sta lasciando parecchie gatte da pelare ai produttori di telefonia mobile, tanto che l’Apple ne ha ordinato la rimozione dall’ iTunes, adducendo motivazioni che, ovviamente, hanno tutto il sapore di una censura.
Ma andiamo con ordine: Phone Story è un gioco sull‘impatto del consumismo hi-tech in cui è possibile seguire il tragitto del proprio telefonino dalle miniere congolesi, in cui si estrae “semi-legalmente” il Coltan (contrazione per columbo-tantalite) utilizzando spesso minorenni e senza alcun rispetto dei più elementari diritti umani, alle fabbriche in Cina, dove si registra un numero sempre più alto di suicidi a causa delle condizioni di lavoro estreme. Un esempio su tutte la Foxconn, società taiwanese con diversi stabilimenti in Cina balzata all’onore delle cronache per i 14 suicidi di dipendenti registrati dal 2009 ad oggi, più numerosi tentativi “andati a vuoto”. E nell’applicazione Phone Story, fra le altre cose, bisogna salvare proprio gli operai che si uccidono nelle fabbriche dove viene prodotto l’iPhone, muovendo degli infermieri muniti di barella.
“Combatti le forze del mercato in una spirale di obsolescenza programmata” recita la descrizione dell’app, realizzato dallo sviluppatore italiano Molleindustria, al secolo Paolo Pedercini, che, oltre ad insegnare “Electronic Media” e “Game Design” alla Carnegie Mellon University, congegna giochi “radicali” e sovversivi, che vanno dalla pedofilia all’interno della Chiesa agli embrioni, dal queer power al revisionismo storico, fino al McDonald’s, per dimostrare che è possibile fare videogiochi anche al di fuori di strutture e case di sviluppo. E in maniera critica.
Ma la Apple non ci sta e ha bandito l’applicazione dall’iTune. Phone Story sarebbe colpevole di violare 4 condizioni, o regole, dell’App Store, a causa della presenza di contenuti “troppo violenti”, dell’esistenza di immagini di abusi su minori e dell’assenza di un paio di requisiti tecnici richiesti ad applicazioni che coinvolgono donazioni in beneficienza, peraltro contestate dall’ideatore.
Motivazioni reali o semplici “scuse”? L’ombra della censura si allunga sempre di più su questa decisione, soprattutto perché ormai sappiamo che la mela di Cupertino è “cattiva”, una Bad Apple, come denunciato dalle associazioni ambientaliste che l’accusano di non avere il minimo rispetto per l’ambiente, la natura e la legge.
Nel frattempo Phone Story, il cui ricavato, peraltro, sarebbe stato dirottato a gruppi che lavorano sulle questioni trattate nel gioco (come Sacom, un’associazione di Hong Kong che lavora a stretto contatto proprio con gli operai della Foxconn), è diventato introvabile. Ma può essere ancora scaricato nel market di Android, il sistema operativo sviluppato da Google e compatibile con numerosi modelli di smartphone rivali dell’iPhone. Come a dire, “finché c’è concorrenza c’è speranza”.