Nokia ha presentato oggi Bicycle Charger Kit, nient'altro che una dinamo da applicare alla propria bicicletta, in grado di trasformare l'energia cinetica prodotta dalla pedalata in... energia per il telefonino!
A presentarlo oggi è stato il colosso della telefonia finlandese Nokia, che per l’evento ha scelto non a caso il Kenya, paese in cui la disponibilità di energia elettrica non è sempre immediata. Il dispositivo è infatti pensato non solo per il mercato occidentale, in molti casi più attento all’ecologia e alla sostenibilità ambientale, ma soprattutto per i paesi in via di sviluppo, dove la bicicletta è ancora il principale mezzo di trasporto, e la rete elettrica, quando esiste, è spesso inadeguata.
Ma quanta strada bisognerà fare per concedersi una telefonata a costo (energetico) zero? Secondo la società di telefonia, pedalando per 10 minuti al giorno a 10 chilometri all’ora sarà possibile generare – in media – una carica di circa 30 minuti di comunicazione (ovvero 37 ore in modalità stand by). Ovviamente, più si pedala più aumenta la velocità e maggiore sarà la carica prodotta.
Il dispositivo, compatibile con qualsiasi telefono Nokia che dispone di “jack” (la piccola presa dove si infila lo spinotto del tradizionale alimentatore) da due millimetri, dovrebbe costare circa 18 dollari ed essere in vendita (nei negozi e on line) a partire da fine anno. Nella confezione del prodotto sono forniti tutti gli accessori per fissarlo al manubrio della bici.
A dirla tutta, comunque, la Nokia non ha inventato nulla di nuovo: come avevamo mostrato tempo fa nel nostro articolo su come ricaricare il cellulare gratis con la bici nel 2007 Motorola aveva presentato, al Consumer Electronics Show, un dispositivo con le medesime funzionalità, mentre la californiana Dahon, nel settembre dello stesso anno, aveva lanciato sul mercato il suo Biologic FreeCharge, apparecchio caricare gadget tecnologici sfruttando l’energia prodotta, appunto, dalla dinamo.
Paternità dell’idea a parte, l’indipendenza dalle fonti energetiche tradizionali compie un altro passo… anzi, un’altra pedalata.
Roberto Zambon