Microplastiche: i ricercatori usano okra, fieno greco e tamarindo al posto dei prodotti chimici per rimuoverle dalle acque reflue

Per combattere le microplastiche, che ormai hanno raggiunto luoghi impensabili, una università americana ha proposto soluzioni naturali che comprendono l'okra, la zucchina del Medioriente, o il fieno greco per rimuovere le particelle plastiche dalle acque in modo non tossico

Microplastiche, quante volte sentiamo parlare di queste minuscoli e pericolosissimi residui plastici con cui veniamo a contatto ovunque e in ogni momento. Sono nelle lavatrici, nella neve che non è poi più tanto fresca, negli alimenti che consumiamo e nelle acque, costituendo una allarmante fonte di inquinamento spesso sottovalutata. 

Per far fronte al problema, un team di ricercatori della Tarleton State University sta lavorando a delle soluzioni a base di estratti di composti vegetali che riuscirebbero a catturare le microplastiche nelle acque reflue, nei corsi di acqua dolce e persino nell’oceano.

Il loro progetto, presentato al convegno primaverile della American Chemical Society, propone di adoperare i polisaccaridi dell’okra, del fieno greco o del tamarindo al posto dei prodotti chimici che si utilizzano nel processo di rimozione delle microplastiche, potenzialmente dannosi.

L’iter si compone generalmente di due fasi: nella prima si procede a raccogliere le microplastiche che galleggiano in superficie che però costituiscono solo una minima parte della quantità inquinante, nella seconda fase invece vengono introdotti flocculanti o sostanze chimiche appiccicose che attirano le microplastiche e formano dei in grumi che, una volta depositati sul fondo, vengono poi rimossi. A queste sostanze, i ricercatori americani vogliono sostituire gli estratti vegetali. 

Non serve a niente se mentre puliamo l’acqua, aggiungiamo sostanze potenzialmente tossiche per rimuovere gli stessi inquinanti”

ha detto Rajani Srinivasan, ricercatrice principale del progetto.

Sia l’okra che il fieno greco sono conosciuti tra l’altro per la loro proprietà “naturalmente appiccicosa” e potrebbero costituire l’alternativa più ecologica e più sicura a nostra disposizione.

I ricercatori vogliono ora testare le loro ipotesi fuori dal laboratorio e osservare come e quale estratto sia più indicato per quale acqua per poter poi offrire alle industrie delle soluzioni specifiche per ciascun tipo di campione, dalla falda acquifera all’oceano.

Fonte: ACS

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