Telemarketing aggressivo, maxi multa per Fastweb da 4,5 milioni di euro dal Garante della Privacy

Telefonate e messaggi continui, in alcuni casi con richieste illecite: il Garante della Privacy multa Fastweb con 4,5 milioni di euro

Telefonate e messaggi continui, in alcuni casi con richieste illecite: il Garante della Privacy multa Fastweb con 4,5 milioni di euro. Sul telemarketing aggressivo siamo (tristemente) primi in Europa.

Dopo analoghi provvedimenti presi contro Eni Gas e Luce, Tim, Wind Tre, Iliad Italia e Vodafone, maxi multa anche a Fastweb. Tra le motivazioni cui spicca l’incapacità (nel migliore dei casi), come degli altri operatori, di tenere a bada i call center abusivi.

236 segnalazioni solo nel periodo dicembre 2018 – febbraio 2020, riferite alla ricezione di una o più telefonate promozionali indesiderate effettuate per conto della Società. Per conto, perché non sempre il call center è autorizzato. Ma molto spesso non controllato.

“283 fascicoli nei confronti di Fastweb, in massima parte riguardanti le attività di telemarketing e di invio di messaggi promozionali da parte o per conto della Società – si legge sul provvedimento – Nel periodo considerato, l’interlocuzione con segnalanti e reclamanti nonché con la stessa Fastweb, ha determinato la registrazione al protocollo dell’Autorità di 508 missive in ingresso”.

Non da meno di altre purtroppo, che soprattutto in Italia primeggiano per telemarketing aggressivo (e abusivo). In alcuni casi i call center hanno illecitamente chiesto anche dati sensibili, probabilmente a scopo di truffa.

“I dati di cui sopra testimoniano la forte incidenza che le pratiche di marketing e di teleselling svolte da Fastweb assumono nella complessiva attività dell’Ufficio e confermano il giudizio dell’Autorità rispetto alle modalità di svolgimento di tali pratiche condotte dalla generalità delle compagnie telefoniche, espresso più volte anche in recenti provvedimenti”.

Centinaia di utenti hanno ricevuto negli ultimi mesi chiamate da numerazioni fittizie o non censite nel Registro degli Operatori di Comunicazione (Roc), riconducibile come per altre compagnie telefoniche, ad un “sottobosco” di call-center abusivi.

Che, poco o mal controllati, hanno comunque portato profitti alla società.

Fonti di riferimento: Garante per la protezione dei dati personali

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