Può la carta riciclata diventare una fonte di energia? A quanto pare sì e lo ha dimostrato Sony durante la fiera Eco-Products di Tokyo in cui ha presentato in anteprima il suo nuovo prototipo di bio-batteria che genera energia proprio dalla cellulosa.
Può la carta riciclata diventare una fonte di energia? A quanto pare sì e lo ha dimostrato Sony durante la fiera Eco-Products di Tokyo in cui ha presentato in anteprima il suo nuovo prototipo di bio-batteria che genera energia proprio dalla cellulosa.
Un dipendente del colosso giapponese di elettronica ha invitato i bambini a mettere dei pezzi di carta e cartone ondulato in una miscela di acqua ed enzimi, mescolarla e attendere qualche minuto. A quel punto sotto lo stupore di tutti, il liquido è diventato una vera e propria fonte di energia capace di alimentare una piccola ventola.
Stando al responsabile delle pubbliche relazioni di Sony, Chisato Kitsukawa, il meccanismo che sta alla base del funzionamento di questa nuova bio-batteria sarebbe lo stesso con cui le termiti mangiano il legno per ottenere energia. Ed effettivamente la cellulosa altro non è che una lunga catena di glucosio, la stessa utilizzata nelle piante verdi.
Gli enzimi contenuti nella soluzione romperebbero la catena e lo zucchero così rilasciato verrebbe successivamente elaborato da un altro gruppo di enzimi ricavando così ioni di idrogeno i quali si combinano con l’ossigeno per creare acqua ed elettroni che veicolati in un circuito esterno producono l’ energia per alimentare la ventola.
Un esperimento davvero suggestivo se si pensa che queste bio batterie così ricavate non utilizzando metalli, né sostanze chimiche sono completamente ecologiche e biodegradabili.
Purtroppo però, come ha precisato Kitsukawa, per la commercializzazione e gli usi applicati della bio-batteria a carta e enzimi la strada è ancora lunga vista la sua bassa potenza in uscita in grado, per il momento, di alimentare a malapena i lettori musicali digitali, ma ancora non abbastanza potente per sostituire completamente le batterie di uso comune.
Peccato, ma è evidente che la strada da seguire è quella della ricerca e lo sviluppo per tecnologie sempre più amiche dell’ambiente.
Simona Falasca