Creato un nuovo materiale duro come le ossa stampando in 3D con i….batteri!

I ricercatori del Soft Materials Laboratory della School of Engineering hanno sperimentato un inchiostro stampabile in 3D che contiene un batterio. Grazie al BactoInk sono riusciti a stampare in 3D praticamente qualsiasi forma che poi si mineralizzerà gradualmente nel corso di alcuni giorni.

La natura ha una straordinaria capacità di produrre materiali compositi che sono contemporaneamente leggeri e resistenti, porosi e rigidi, come le conchiglie dei molluschi o le ossa. Ma produrre tali materiali in laboratorio o in fabbrica, in particolare utilizzando materiali e processi ecologici, è estremamente impegnativo.

I ricercatori del Soft Materials Laboratory della School of Engineering si sono dunque rivolti alla natura per trovare una soluzione. Hanno sperimentato un inchiostro stampabile in 3D che contiene Sporosarcina pasteurii: un batterio che, esposto a una soluzione contenente urea, innesca un processo di mineralizzazione che produce carbonato di calcio (CaCO3).

Il risultato è stato strabiliante. Sono riusciti ad usare il loro inchiostro – soprannominato BactoInk –per stampare in 3D praticamente qualsiasi forma, che poi si mineralizzerà gradualmente nel corso di alcuni giorni. Il biocomposito mineralizzato stampato in 3D si è rivelato incredibilmente forte, leggero ed ecologico.

I prodotti finali non contengono più batteri vivi

La responsabile del laboratorio Esther Amstad ha spiegato:

La stampa 3D sta acquisendo sempre più importanza in generale, ma il numero di materiali che possono essere stampati in 3D è limitato per il semplice motivo che gli inchiostri devono soddisfare determinate condizioni di flusso. Ad esempio, devono comportarsi come un solido quando sono a riposo, ma devono comunque essere estrudibili attraverso un ugello di stampa 3D.

Amstad ha precisato che in passato sono stati utilizzati inchiostri per la stampa 3D contenenti piccole particelle minerali per soddisfare alcuni di questi criteri di flusso. Tuttavia le strutture risultanti tendono a essere morbide o a restringersi al momento dell’essiccazione, causando crepe e perdita di controllo sulla forma del prodotto finale.

Per questo hanno escogitato un semplice trucco:

invece di stampare minerali, abbiamo stampato un’impalcatura polimerica con il nostro BactoInk, che viene poi mineralizzata in una seconda fase separata. Dopo circa quattro giorni, il processo di mineralizzazione innescato dai batteri presenti nell’impalcatura porta a un prodotto finale con un contenuto di minerali superiore al 90%.

Il risultato è un biocomposito forte e resistente, che può essere prodotto con una stampante 3D standard e con materiali naturali, senza le temperature estreme spesso richieste per la produzione di ceramica. I prodotti finali non contengono più batteri vivi, poiché vengono immersi in etanolo al termine del processo di mineralizzazione.

Restaurare opere d’arte, rigenerare le barriere coralline danneggiate e altre applicazioni biomediche

Le applicazioni future dell’approccio del Soft Materials Lab non si limitano però solamente alla stampa 3D, ma si possono anche estendere ad un’ampia gamma di campi, dall’arte all’ecologia e alla biomedicina.

La versatilità del processo BactoInk, unita al basso impatto ambientale e alle eccellenti proprietà meccaniche dei materiali mineralizzati, apre molte nuove possibilità per la fabbricazione di compositi leggeri e portanti, più simili ai materiali naturali che agli attuali compositi sintetici.

Amstad ritiene che il restauro delle opere d’arte potrebbe essere notevolmente facilitato dal BactoInk, che può anche essere iniettato direttamente in uno stampo o in un sito di destinazione, come una crepa in un vaso o una scheggiatura in una statua. Le proprietà meccaniche dell’inchiostro gli conferiscono la forza e la resistenza al ritiro necessarie per riparare un’opera d’arte e prevenire ulteriori danni durante il processo di restauro.

Inoltre l’uso di materiali ecologici e la capacità di produrre un biocomposito mineralizzato rendono il metodo un ottimo candidato per la costruzione di coralli artificiali che possono essere usati per aiutare a rigenerare le barriere coralline danneggiate.

Infine, il fatto che la struttura e le proprietà meccaniche del biocomposito imitino quelle delle ossa potrebbe renderlo interessante per future applicazioni biomediche.

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