Nuova svolta nel settore dell'energia solare: i ricercatori di EPFL e Northwestern University presentano un design rivoluzionario per le celle solari alla perovskite, con efficienza superiore al 25% e stabilità record
Le celle solari alla perovskite non sono più solo un argomento da laboratorio. Queste gemme della tecnologia si stanno facendo strada nella corsa verso un futuro energetico sostenibile, grazie alla loro incredibile efficienza di conversione e alle prospettive di un’energia solare economicamente più accessibile. Tuttavia, un enigma ha frenato la loro ascesa: come garantire che queste celle solari, così promettenti, siano altrettanto durature e affidabili, soprattutto quando messe alla prova da condizioni ambientali estreme?
La chiave per sbloccare il vero potenziale delle celle solari alla perovskite risiede in una comprensione più profonda delle loro strutture interne. Questi strati, una sorta di ingranaggi microscopici di un orologio, possono migliorare la funzionalità, ma se non sincronizzati alla perfezione, possono anche accelerare il degrado del sistema. Fortunatamente, i team di ricerca di Michael Grätzel all’EPFL e Edward Sargent alla Northwestern University hanno unito le forze, raggiungendo un traguardo straordinario. Hanno reinventato le celle solari alla perovskite, raggiungendo una stabilità sorprendente e un’efficienza oltre il 25%, un vero game-changer nell’arena dell’energia solare, come documentato dalla rivista Nature Energy.
Stabilità e alto rendimento
Immergendoci nella scienza, la squadra ha messo sotto la lente d’ingrandimento le PSC invertite, già note per la loro robustezza. Qui, la svolta è stata l’impiego di un “monostrato auto-assemblato conforme”, praticamente una pellicola ultra-sottile che abbraccia le imperfezioni della superficie su cui si deposita, come una seconda pelle. La sfida? Evitare che le molecole si raggruppassero, creando una sorta di ingorgo molecolare che avrebbe sabotato l’efficienza delle celle. La soluzione è stata geniale: inserire una molecola “pacificatrice”, l’acido 3-mercaptopropionico (3-MPA), che ha il compito di mantenere l’ordine, assicurando che ogni molecola resti al proprio posto.
Ciò che rende tutto questo entusiasmante è l’effetto immediato sulla prestazione delle celle solari: una gestione della luce più efficiente, meno energia dispersa, e un’efficienza che ha fatto segnare un incredibile 25.3% nei test. In termini di resistenza, i risultati sono stati altrettanto impressionanti. Queste celle hanno dimostrato di saper resistere, mantenendo quasi intatta la loro efficienza, anche dopo un “allenamento estremo” a temperature elevate e umidità costante per oltre 1,000 ore. Con costi di produzione ridotti e una resilienza migliorata, le nuove celle solari alla perovskite stanno per entrare prepotentemente nelle nostre vite, e non solo sotto forma di pannelli solari, ma anche in dispositivi che toccano la nostra quotidianità, come i LED e i sensori di luce.
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