Negli Stati Uniti fa scalpore l’idea della Stronghold Digital Mining di bruciare pneumatici per generare elettricità. Questa società di “mining” di criptovalute ritiene infatti che il suo progetto potrebbe alleggerire il carico sulle reti elettriche pubbliche riducendo al contempo la quantità di rifiuti di pneumatici che si trovano in natura. Ma quanto c’è di sostenibile?
Sapevate che, così come esistono minatori che estraggono metalli e pietre preziose, ci sono anche i “minatori” di criptovalute, alla perenne ricerca di monete digitali da convertire in valute correnti, come l’euro o il dollaro? È il “mining” (dall’inglese “estrazione”) di criptovalute, una vera e propria attività che però ha un’alta intensità energetica.
Va da sé, infatti, che la maggior parte delle aziende che operano in questo settore non possano fare affidamento esclusivamente sulla rete pubblica di distribuzione elettrica per soddisfare le proprie esigenze. O non sempre. Così, mentre alcuni progettano di sfruttare l’energia rilasciata dai vulcani per alimentare i loro supercomputer, altri non esitano a optare per approcci piuttosto rudimentali. Come?
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È il caso della Stronghold Digital Mining, che ha annunciato di voler bruciare pneumatici usati e utilizzarne l’energia risultante per alimentare le sue infrastrutture di mining di Bitcoin.
Un pericolo per l’ambiente e la salute?
L’azienda vorrà in pratica implementare questo processo in una delle sue strutture in Pennsylvania, negli Stati Uniti. Il minimo che possiamo dire è che è bastato che l’azienda facesse il suo annuncio perché scoppiassero le prime proteste. Secondo le associazioni di difesa dell’ambiente, un simile processo porterebbe ad un inquinamento che potrebbe avere ripercussioni sia sulla salute che sull’ambiente. Durante la combustione, i pneumatici rilasciano una sostanza chimica volatile altamente tossica, il furano: oltre a poter provocare malattie respiratorie, in natura impiega molti anni per decomporsi.
Stronghold brucia i rifiuti di carbone per creare energia a basso costo per la criptovaluta dal 2021, quando acquistò la centrale elettrica di Panther Creek a Nesquehoning, in Pennsylvania. Si tratta di un approccio controverso perché, sebbene la rimozione dei rifiuti di carbone possa aiutare a risanare i terreni contaminati, il processo emette gas serra e altre sostanze chimiche dannose. Potrebbe essere necessario il doppio del carbone di scarto per produrre la stessa quantità di elettricità che produrrebbe il carbone normale: per rendere più efficiente il processo, quindi, potrebbero venire aggiunti gli pneumatici fuori uso. La quota a cui si vorrebbe portare il contributo delle gomme esauste è il 15%.
I residenti si dicono “scioccati” perché la combustione di pneumatici disperde nell’aria diossine, furani e idrocarburi policiclici aromatici. E l’azienda? Nemmeno a dirlo, si difende dichiarando che sta utilizzando le migliori tecnologie disponibili.
Fonte: The Guardian
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