Qual è l’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale? Cosa sappiamo (e cosa no) sulle emissioni di ChatGPT & Co.

L’incertezza regna sovrana su questo tema: l’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale sembra elevato, ma mancano studi a riguardo

L’intelligenza artificiale sta sempre più spopolando, ma ben pochi studi si stanno concentrando su quale sia il suo impatto ambientale stimando le emissioni generate dai modelli. Ancora meno sono quelli che provano a quantificare altri fattori che pesano sull’ambiente e sul clima.

Una mancanza di trasparenza da parte delle aziende che sviluppano reti neurali e Large Language Model (LLM) aggiunge ulteriore complessità a questa situazione. Proviamo dunque a fare chiarezza. Ad esempio, una semplice interazione con un chatbot come ChatGPT può comportare un consumo di risorse significativo.

Solo venti messaggi con questo tipo di intelligenza artificiale equivalgono all’uso di mezzo litro di acqua per raffreddare i server che ospitano il modello. Durante la fase di addestramento del Large Language Model creato da OpenAI (nella sua versione 3.5), sono stati consumati invece almeno 3,5 milioni di litri d’acqua, equivalente ai consumi giornalieri di circa 25.000 cittadini europei. Ciò mette in luce come l’impatto ecologico dell’IA non sia affatto di poco conto.

Il problema della scarsa trasparenza delle aziende

Attualmente, come detto, le ricerche e i modelli per valutare e monitorare le emissioni e l’impatto ambientale dell’IA sono ancora limitati e non coprono l’intero spettro di implicazioni. Un rapporto dell’Ocse presentato alla Cop27 nel 2022 ha proposto un framework per valutare gli impatti diretti e indiretti dell’IA, considerando l’intero ciclo di vita e vari fattori come le emissioni, il consumo energetico e l’uso di risorse idriche.

Tuttavia molti studi finora si sono concentrati su aspetti specifici o applicazioni particolari dell’IA, piuttosto che cercare di stimare l’impatto complessivo dell’intero settore. Ad esempio, sono state condotte valutazioni dell’impatto dell’addestramento di specifiche reti neurali, evidenziando che GPT-3 avrebbe generato circa 550 tonnellate di CO2, T5 meno di 50 tonnellate e Meena circa 95 tonnellate.

Le aziende di rilievo, come Google e Amazon, indicano che circa il 90% del consumo energetico è attribuibile alla fase di inferenza, ovvero l’esecuzione dei modelli di apprendimento automatico addestrati. Ed è proprio qui uno dei problemi principali per valutare l’impronta ambientale dell’intelligenza artificiale: la scarsa trasparenza delle compagnie.

È importante considerare il tipo di energia utilizzata

Molte di queste non divulgano le loro basi di dati di addestramento o non forniscono informazioni dettagliate sugli impatti delle loro attività. Secondo Sasha Luccioni, che lavora per un concorrente di OpenAI, un fattore chiave da considerare è la crescente complessità dei modelli. Tale complessità è legata al numero di parametri interni al modello, che influenzano la sua capacità di apprendimento in base all’addestramento. Maggiore è il numero di parametri, maggiore sarà la potenza del modello e i risultati ottenuti.

Inoltre è importante considerare il tipo di energia utilizzata. Un altro studio di Luccioni ha rivelato che il modello BLOOM, lanciato nel 2022 dalla sua azienda, ha generato 25 tonnellate di CO2 durante l’addestramento, diventate 50 se si tiene conto delle emissioni generate dalla produzione dell’hardware necessario.

Va però sottolineato che BLOOM è stato addestrato su un supercomputer francese alimentato da energia nucleare. Se si utilizzassero fonti di energia meno sostenibili, come il carbone e il gas, le emissioni potrebbero aumentare considerevolmente. In più il funzionamento quotidiano di BLOOM produce ulteriori 19 kg di CO2, equivalenti a un viaggio in auto di 160 km.

In sintesi l’impatto ambientale dell’IA è un tema che sta emergendo in modo sempre più rilevante. Gli studi attuali sono ancora limitati e le aziende spesso non forniscono informazioni dettagliate, rendendo difficile una valutazione accurata. È evidente che l’aumento della complessità dei modelli e l’energia utilizzata sono fattori chiave nell’influenzare le emissioni di carbonio dell’IA e il suo impatto complessivo sull’ambiente.

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