La fake news del piumino bianco da trapper di Papa Francesco

Papa Francesco è davvero andato in giro con un giubbotto bianco da trapper? La risposta è: no. L'immagine divenuta virale è un esempio emblematico di deepfake. Con l'Intelligenza Artificiale riuscire a distinguere la realtà dalla finzione è sempre più difficile

Sarà capitato anche a voi di imbattervi sui social nell’immagine che ritrae Papa Francesco con addosso un vistoso giubbotto bianco che sembra preso dall’armadio di un cantante trapper. Se per un attimo avete pensato che nell’ultimo periodo il pontefice ha sviluppato una passione per la moda, dovete ricredervi. La foto in questione, divenuta virale in tutto il mondo, non è vera, anche se a primo impatto potrebbe sembrarlo.

Si tratta di un caso – decisamente ben riuscito – di deepfake, ovvero una tecnica per la sintesi dell’immagine umana basata sull’intelligenza Artificiale (IA), usata per combinare e sovrapporre perfettamente immagini e video già esistenti.

Per la prima volta la foto del Papa in versione trapper è apparsa il 25 marzo su Twitter. A diffonderla l’account skyferrori, accompagnando l’immagine con la didascalia “OKAAYYY”.

Il tweet ha avuto oltre 26 milioni di visualizzazioni e qualcuno ha anche abboccato, credendo che fosse una foto originale del Papa. Per evitare ulteriore confusione sotto il post è stato aggiunto un disclaimer in cui si legge: Questa è un’immagine falsa creata dall’intelligenza artificiale Midjourney e pubblicata su Reddit.

Basta andare sulla piattaforma per scoprire tutto un universo di immagini incredibilmente realistiche generate dal software Midjourney. Oltre alla foto del Papa col piumino bianco, creata dall’utente u/trippy_art e intitolata The Pope Drip, ce ne sono tante altre che mostrano il pontefice con occhiali da sole alla moda o, ad esempio, mentre suona la chitarra elettrica. Naturalmente tutte false, ma incredibilmente realistiche.

I rischi legati all’Intelligenza Artificiale e come imparare a riconoscere i casi di deepfake

Negli ultimi tempi per via delle nuove tecniche di Intelligenza Artificiale il confine fra finzione e realtà è diventato sempre più labile. A riscuotere grande successo le immagini di Donald Trump circondato da poliziotti intenti ad ammanettarlo e altre che lo ritraggono rinchiuso dentro il carcere.

Un altro dei lavori di deepfake che è stato cliccatissimo e condiviso è quello che vede come protagonista il presidente francese Emmanuel Macron mentre che assiste agli scontri fra polizia e manifestanti nelle strade di Parigi.

Nell’era dell’Intelligenza Artificiale, è fondamentale accertarsi della fonte dei contenuti che ricondividiamo sui social, facendo attenzione ai video e alle foto fake. A questo proposito, il Garante per la protezione dei dati personali ha messo a punto una scheda informativa per sensibilizzare gli utenti sui rischi connessi agli usi malevoli di questa nuova tecnologia.

Ecco il vademecum per tutelarsi:

  • Evitare di diffondere in modo incontrollato immagini personali o dei propri cari. In particolare, se si postano immagini sui social media, è bene ricordare che le stesse potrebbero rimanere online per sempre o che, anche nel caso in cui si decida poi di cancellarle, qualcuno potrebbe già essersene appropriato.
  • Anche se non è semplice, si può imparare a riconoscere un deepfake. Ci sono elementi che aiutano: l’immagine può appare pixellata (cioè un pò “sgranata” o sfocata); gli occhi delle persone possono muoversi a volte in modo innaturale; la bocca può apparire deformata o troppo grande mentre la persona dice alcune cose; la luce e le ombre sul viso possono apparire anormali.
  • Se si ha il dubbio che un video o un audio siano un deepfake realizzato all’insaputa dell’interessato, occorre assolutamente evitare di condividerlo (per non moltiplicare il danno alle persone con la sua diffusione incontrollata). E si può magari decidere di segnalarlo come possibile falso alla piattaforma che lo ospita (ad esempio, un social media).
  • Se si ritiene che il deepfake sia stato utilizzato in modo da compiere un reato o una violazione della privacy, ci si può rivolgere, a seconda dei casi, alle autorità di polizia (ad esempio, alla Polizia postale) o al Garante per la protezione dei dati personali.

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Fonti: Twitter/Reddit/GDPD

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