L’Universo è più giovane di quanto pensassimo, di “ben” un miliardo di anni. Lo rivela uno studio dell’Università dell’Oregon
Non siamo poi così vecchi, o meglio l’Universo è più giovane di quanto pensassimo, di “ben” un miliardo di anni. Uno studio dell’Università dell’Oregon (Usa) ha rivelato con una nuova tecnica che il cosmo avrebbe 12,5 miliardi di anni, contro una media di circa 13,5 calcolata con i metodi finora usati.
La datazione dell’Universo si basa sulla teoria della sua nascita, il famigerato Big Bang: lo “scoppio” della materia concentrata avrebbe causato l’allontanamento progressivo e continuo di stelle e pianeti, generando immenso spazio di cui noi occupiamo una risibile porzione.
In generale le stime disponibili sono state ottenute con modelli al pc tramite le distanze calcolate per le stelle più antiche, il comportamento delle galassie e il ritmo di espansione dell’Universo, la cui età è stata definita per via indiretta: l’idea è sempre stata quella di arrivare alla data di nascita tramite il tempo impiegato da tutti gli oggetti celesti per viaggiare al contrario fino a prima del Big Bang.
Il tutto tramite la costante di Hubble, che prende il nome da Edwin Hubble, il primo ad aver calcolato il tasso di espansione del cosmo nel 1929. Le stime in questo caso forniscono un’età compresa tra 12 e 14,5 miliardi di anni.
Più di recente gli astronomi avevano usato le radiazioni residue dello stesso Big Bang, ovvero l’energia che ancora viene rivelata e che risale all’enorme esplosione: i calcoli portano in questo caso ad una stima di 13,77 miliardi di anni.
Stime, non calcoli precisi.
“Il problema della scala delle distanze, come è noto, è incredibilmente difficile – spiega a questo proposito Jim Schombert, primo autore di quest’ultima ricerca – perché le distanze dalle galassie sono enormi e le indicazioni per le loro distanze deboli e difficili da calibrare”.
Il team di Oregon ha fornito ora, però, un’interessante e innovativa metodica, che rivelerebbe un Universo più giovane di circa un miliardo di anni. Gli astronomi hanno usato in particolare dati empirici, misurazioni osservabili sulla distanza dalla Terra di 50 galassie, e li hanno usati per modificare proprio la costante di Hubble.
75,1 chilometri al secondo per megaparsec (dove 1 parsec è circa 3,3 anni luce), con un’incertezza di 2,3: questo il nuovo valore della costante di Hubble, che porta l’età del cosmo a 12,5 miliardi di anni. Tutti i valori della costante inferiori a 70, affermano gli autori, possono essere esclusi con una sicurezza del 95%, ovvero si avrebbero valori inferiori a 70 con una probabilità di appena il 5%.
Secondo gli astronomi questo approccio spiega meglio le curve di massa e di rotazione delle galassie rispetto ai dati utilizzati per costruire le equazioni precedenti.
“Il nostro valore risultante […] indica che la nostra comprensione della fisica dell’Universo è incompleta, e fornisce la speranza di una nuova fisica in futuro” conclude Schombert.
Il lavoro è stato pubblicato su Astronomical Journal.
Fonti di riferimento: Università dell’Oregon / Astronomical Journal
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