C’è un vulcano che sembra il gemello dell’Etna (ma non si trova sulla Terra)

Così lontani, ma così simili... Su Venere si trova un vulcano (probabilmente ancora attivo) che condivide diverse caratteristiche con l'Etna: queste sorprendenti analogie potrebbero aiutarci a studiare meglio il secondo pianeta più vicino al Sole

La superficie di Venere è ricoperta da migliaia di vulcani, ma ce n’è uno che sta attirando l’attenzione degli scienziati. Il motivo? Le sue caratteristiche lo rendono molto simile alla nostra Etna: una sorta di gemello. A suggerirlo è una recente ricerca condotta da un team internazionale di ricercatori guidati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) in collaborazione con i vulcanologi dell’Osservatorio Etna dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE).

“Questo studio rappresenta il primo tassello di un’importante collaborazione multidisciplinare tra astrofisici e vulcanologi dell’INGV Osservatorio Etna. Una sinergia che apre affascinanti capitoli di ricerca e getta nuova luce sui misteri del vulcanismo di Venere” sottolinea Stefano Branca dell’INGV-OE.

Idunn Mons – così è stato ribattezzato il vulcano venusiano – potrebbe essere ancora attivo  e condivide una serie di caratteristiche con quello siciliano.

Innanzitutto, entrambi presentono vari crateri sulle loro sommità, colate laviche ampiamente estese lungo i loro fianchi  e strutture vulcaniche, morfologicamente simili al coni di cenere; inoltre, sia l’Etna che Iddun Mons interagiscono con una cosiddetta zona di frattura.

etna vulcano venere

A sinistra l’Etna, a destra il vulcano venusiano Iddun Mons
@INAF-INGV-OE

vulcano gemello etna

@INAF-INGV-OE

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L’Etna diventa un laboratorio a cielo aperto per studiare Venere

A seguito della scoperta di questi importanti parallelismi, l’Etna – uno dei vulcani più monitorati al mondo – fungerà da vero e proprio laboratorio a cielo aperto per indagare le recenti attività vulcaniche sul secondo pianeta più vicino al Sole.

Così i campioni di lava prelevati dall’Etna potranno essere confrontati con quelli raccolti su Venere  in modo da approfondire le analogie nel corso di missioni spaziali future, alle quali sia la Nasa che l’Esa e l’Indian Space Research Organisation (ISRO) stanno lavorando.

Dal I secolo in poi, il vulcano Etna è stato, e continua ad essere, un laboratorio di ricerca per l’intera comunità scientifica italiana ed internazionale per quanto riguarda studi geologici, vulcanologici, geofisici e geochimici e, grazie al sistema di monitoraggio multiparametrico dell’INGV Etna Osservatorio, è uno dei vulcani meglio studiati al mondo.

Questo lavoro evidenzia ancor di più questo aspetto anche per quanto riguarda lo studio del vulcanismo planetario, come nel caso di Venere. – spiega Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio INGV Etna e coautore dell’articolo apparso sulla rivista Icarus  – Infatti, le notevoli conoscenze sulla storia eruttiva del vulcano siciliano vulcano, acquisite nel corso degli studi effettuati per la pubblicazione della carta geologica dell’Etna alla scala 50.000: XNUMX, unitamente alle conoscenze sull’attività recente hanno permesso di effettuare un confronto morfostrutturale con il vulcano Idunn al fine di individuare possibili evidenze di vulcanismo attivo su Venere.

Finora la comunità scientifica internazionale è stata concorde sul fatto che il vulcanismo che riguarda Venere possa essere paragonato a quello dei punti più caldi della Terra; l’esempio perfetto è rappresentato dai vulcani delle Hawaii (effusivi e caratterizzati da lava molto fluida).

Ma le rivelazioni su Idunn Mons, che presenta strutture morfologicamente simili ai coni di cenere terrestri riconducibili al vulcanismo esplosivo, suggeriscono che anche sul pianeta possano avvenire eruzioni di questo tipo.

“Le future missioni su Venere ci aiuteranno a far luce su questa possibilità, che se confermata rivoluzionerebbe l’attuale visione che abbiamo del vulcanismo venusiano” conclude Piero D’Incecco, co-autore dello studio, recentemente nominato membro del comitato direttivo del Venus Exploration Analysis Group (VEXAG) della NASA.

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Fonte: Icarus

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