Gli scienziati hanno scoperto da dove vengono i raggi cosmici della nostra galassia

Da una supernova i raggi cosmici della nostra galassia: grazie a 12 anni di dati del telescopio spaziale della missione Fermi della Nasa, un gruppo di ricerca dell’Università del Wisconsin (Usa) ha identificato così l’origine delle particelle a più alta energia della Via Lattea

È una supernova a emettere i raggi cosmici della nostra galassia: lo conferma uno studio guidato da un gruppo di ricerca dell’Università del Wisconsin (Usa) sulla base di 12 anni di dati raccolti da telescopio spaziale della missione Fermi della Nasa.

Gli astronomi hanno cercato a lungo i siti di origine di alcuni dei protoni a più alta energia della nostra galassia. Ora i dati del telescopio spaziale Fermi hanno dimostrato che le onde d’urto delle stelle esplose spingono le particelle a velocità paragonabili a quelle della luce.

Chiamate raggi cosmici, queste particelle sono prevalentemente protoni, ma possono includere nuclei atomici ed elettroni. Trasportando una carica elettrica, i loro percorsi si confondono mentre attraversano il campo magnetico della nostra galassia e questo ha sempre reso molto difficile l’individuazione del sito di origine.ù

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Ma quando tali particelle entrano in collisione con il gas interstellare vicino ai resti della supernova, producono un bagliore nei raggi gamma, la luce a più alta energia che ci sia.

I teorici pensano che i protoni dei raggi cosmici a più alta energia nella Via Lattea raggiungano un milione di miliardi di elettronvolt, o energie PeV – spiega Ke Fang, primo autore del lavoro – La natura precisa della loro origine, che chiamiamo PeVatrons, è stata difficile da identificare

Intrappolate da caotici campi magnetici, le particelle attraversano ripetutamente l’onda d’urto della supernova, guadagnando velocità ed energia ad ogni passaggio. E alla fine volano nello spazio interstellare.

origine raggi cosmici via lattea

©NASA/Fermi/Fang et al. 2022

Potenziata di circa 10 volte l’energia raccolta dal più potente acceleratore di particelle del mondo, il Large Hadron Collider, i protoni PeV sono sul punto di fuggire del tutto dalla nostra galassia. Ma gli astronomi hanno identificato alcuni sospetti PeVatron, incluso uno al centro della nostra galassia.

Naturalmente, i resti di supernova erano in cima alla lista dei candidati. Eppure, su circa 300 resti conosciuti, solo pochi sono stati trovati per emettere raggi gamma con energie sufficientemente elevate.

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Tra questi, un “relitto” di una stella ha attirato l’attenzione degli astronomi: chiamata G106.3+2.7, è una “nuvola” a forma di cometa situata a circa 2.600 anni luce di distanza nella costellazione di Cefeo, una pulsar luminosa che ricopre l’estremità settentrionale del residuo di supernova (gli astronomi pensano che entrambi gli oggetti si siano formati nella stessa esplosione).

Il Large Area Telescope della missione Fermi ha rilevato raggi gamma da miliardi di elettronvolt (GeV) dall’interno della coda estesa del residuo (per confronto, l’energia della luce visibile misura tra circa 2 e 3 elettronvolt.) e il Very Energetic Radiation Imaging Telescope Array System presso il ha registrato raggi gamma di energia ancora più elevata dalla stessa regione.

Inoltre l’Osservatorio di raggi gamma Cherenkov in Messico e il Tibet AS-Gamma in Cina hanno rilevato fotoni con energie di 100 trilioni di elettronvolt (TeV) dall’area sondata da Fermi e VERITAS.

Ma non era finita qui, perché bisognava dimostrare che l’oggetto stesse effettivamente accelerando protoni.

Il problema è che gli elettroni accelerati a poche centinaia di TeV possono produrre la stessa emissione – spiega Henrike Fleischhack, coautore dello studio – Ora, con l’aiuto di 12 anni di dati di Fermi, pensiamo di aver dimostrato che G106.3+2.7 è davvero un PeVatron

Le ricerche, comunque, andranno avanti.

Finora, G106.3+2.7 è unico, ma potrebbe rivelarsi il membro più brillante di una nuova popolazione di residui di supernova che emettono raggi gamma con energie TeV – osserva Fang -Altri potrebbero essere rivelati attraverso future osservazioni di Fermi e osservatori di raggi gamma ad altissima energia

Il lavoro è stato pubblicato su Physical Review Letters.

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Fonti: Nasa  / Nasa/Youtube / Physical Review Letters

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