La materia interstellare ha un ruolo molto importante nella nostra percezione dei corpi celesti, come dimostrato da questo studio
Una nuova scoperta ha dimostrato come la cosiddetta “Legge di Reddening”, l’equazione matematica in grado di predire come la materia interstellare modifichi la luminosità e il colore dei corpi celesti, sia molto diversa da come finora immaginato e ha messo in discussione numerosi studi basati proprio su questa equazione.
Gli sconvolgenti risultati sono stati raggiunti da un team di astrofisici dell’Università di Padova guidato da una giovanissima studiosa, la venticinquenne Maria Vittoria Legnardi, dottoranda al dipartimento di Fisica e Astronomia.
La Legge di Reddening
Fino al secolo scorso, la comunità scientifica riteneva che lo spazio fra gli astri nella galassia fosse vuoto. In realtà, anche le regioni apparentemente vuote di materia non lo sono affatto – come dimostrò l’astronomo americano Edward Emerson Barnard, il primo a parlare di “spazio interstellare”.
Questo spazio è interamente occupato da miliardi di particelle minuscole di polvere e gas (la cosiddetta materia interstellare), che si trovano nella galassia e che spesso si aggregano a formare nubi oscure.
La materia interstellare esercita un ruolo molto importante nella galassia: essa, interagendo con la luce emessa dalle stelle, rende i corpi celesti più o meno luminosi e ne altera i colori.
Sapere che queste particelle alterano la nostra percezione dei corpi celesti è fondamentale: ogni volta che viene scoperto un nuovo astro, comprendere quanta luce sia stata assorbita dalle nubi interstellari è la prima sfida che si pone ai ricercatori.
Per questo motivo ha preso corpo negli anni la cosiddetta Legge di Reddening, ovvero l’equazione matematica in grado di prevedere come la materia interstellare modificherà la luminosità e il colore dei corpi celesti.
Lo studio italiano
Un grande passo in avanti è stato compiuto dai ricercatori dell’Università di Padova nella comprensione della distribuzione della materia interstellare all’interno della Via Lattea.
Gli autori dello studio hanno messo a punto, infatti, una tecnica innovativa che sfrutta le straordinarie capacità del telescopio spaziale Hubble per ricavare delle mappe ad altissima risoluzione delle nubi interstellari.
Le immagini di Hubble che usiamo riprendono un gran numero di ammassi stellari, ovvero agglomerati di decine di migliaia di stelle gemelle, che si trovano oltre le nubi – spiega Maria Vittoria Legnardi, fra gli autori dello studio.
Le nubi interstellari non sono affatto visibili nelle immagini, ma siamo riusciti a ricostruirle grazie a una lunga e laboriosa analisi della luce proveniente dalle stelle che le attraversa.
Ma il risultato più sorprendente raggiunto con questo studio riguarda la Legge di Reddening. Osservando le immagini ad altissima risoluzione a disposizione degli scienziati italiani si è visto che tale legge sia in realtà molto diversa dall’equazione che fino ad oggi era ritenuta valida.
Alla luce di questa nuova scoperta un gran numero di studi basati sull’equazione tradizionale dovrà essere rivisto – spiega ancora Legnardi. – È possibile dunque che alcune nozioni sull’Universo locale e a larga scala potrebbero subire importanti cambiamenti nei prossimi mesi o anni.
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Fonti: Monthly Notices of the Royal Astronomical Society / Università di Padova
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