Sono state rilevate concentrazioni record di elio-3 all’interno delle rocce artiche risalenti a 62 milioni di anni fa: se si confermasse la perdita, ciò potrebbe aiutarci a comprendere meglio le caratteristiche del nucleo della Terra
Un nuovo studio pubblicato su Nature dai geochimici dell’Istituto Oceanografico di Woods Hole e del California Institute of Technology ha rivelato concentrazioni eccezionali di elio-3, un antico isotopo di elio con due protoni e un solo neutrone, all’interno di rocce artiche risalenti a circa 62 milioni di anni fa.
Questo ritrovamento fornisce una chiave importante per comprendere la “perdita” nel nucleo terrestre, rappresentata dalla graduale emissione di questo isotopo intrappolato durante la formazione del nostro Pianeta.
L’isotopo elio-3, che era abbondante ai tempi della formazione della Terra, è rimasto intrappolato nel nucleo terrestre. Nel corso di circa 4,6 miliardi di anni di attività vulcanica, la maggior parte di questo elio dovrebbe essere stata espulsa.
Tuttavia, le analisi delle rocce vulcaniche sulle Isole Baffin hanno rilevato concentrazioni incredibilmente alte di elio-3, più di quanto sia mai stato rilevato su una roccia terrestre indicando una possibile via di fuga verso la superficie. Questo ritrovamento potrebbe fornire una comprensione più approfondita della dinamica interna del nostro pianeta.
Si potrebbe dar via a ricerche dirette sul materiale fuoriuscito dal nucleo
Studi precedenti sempre pubblicati su Nature avevano indicato un elevato rapporto tra elio-3 ed elio-4 nelle colate laviche dell’isola di Baffin, suggerendo un’origine profonda anziché una contaminazione atmosferica. Gli scienziati hanno ora misurato il più alto rapporto mai rilevato nelle rocce vulcaniche, aprendo nuove possibilità per studiare il materiale proveniente direttamente dal nucleo terrestre.
L’analisi dei nuovi campioni di olivina ha rivelato un rapporto tra elio-3 ed elio-4 quasi 70 volte superiore a quanto misurabile in atmosfera. Inoltre il rapporto isotopico del neon nelle stesse rocce corrisponde alle condizioni presenti durante la formazione della Terra.
Questi risultati consolidano l’ipotesi della “perdita” nel nucleo terrestre e potrebbero aprire la strada per future ricerche dirette sul materiale fuoriuscito dal nucleo, contribuendo a una migliore comprensione della nostra geosfera.
È bene ricordare infatti che il nucleo della Terra è per noi totalmente inaccessibile dato che si trova a circa 2.900 km di profondità. La perforazione più profonda mai realizzata dall’uomo raggiunge appena i 12,2 km e per questo sarebbe fondamentale scoprirne di più in merito.
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Fonte: Nature
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