L'inquinamento luminoso è un problema e, se da un lato continuano ad essere segnalati evidenti abusi, dall'altro il nostro Paese inizia a prendere provvedimenti. Al faro Ramses II di Porto Marghera puntato sul cielo notturno si contrappongono infatti severe normative, che puntano a limitare questo fenomeno, ad uso e consumo dell'uomo, ma a danno anche di molto altro
Indice
L’inquinamento luminoso è un problema e, se da un lato continuano ad essere segnalati evidenti abusi, dall’altro il nostro Paese inizia a prendere provvedimenti. Le misure adottate puntano a rendere il cielo più buio, e a farci rivedere di nuovo le stelle, che, soprattutto nelle città, sono diventate quasi invisibili. Solo impianti che illuminano verso il basso, mai più verso l’alto, almeno quelli nuovi. Quindi cielo più spento, strade più accese.
L’inquinamento luminoso infatti rende il cielo innaturalmente “acceso”, impedendo la vista di uno degli spettacoli naturali più belli: il cielo pieno di stelle. Ma non solo: influisce negativamente sull’ambiente e può avere impatti anche mortali su tutta la natura, fauna e flora, ed è fonte di dispendio energetico e quindi, ancora, di risorse del nostro pianeta.
Solo per citare un recente fatto di cronaca, a Porto Marghera, per celebrare il centenario del famoso centro abitato, il sindaco ha deciso di puntare verso il cielo notturno un faro gigantesco per tre mesi (dal 18 gennaio scorso fino a marzo), un maxi fascio di luce da 72 kilowatt, visibile a oltre 40 chilometri di distanza (alcuni dicono 100) e fino a 12 chilometri in altezza. Niente più stelle, a stento la luna. L’iniziativa, tra l’altro, contrasta con la normativa regionale.
Le città, certo, hanno bisogno di essere illuminate per questioni di sicurezza, dai marciapiedi alle strade percorse dai mezzi di trasporto. Ma perché “disturbare” il cielo e tutta la natura? É veramente necessario “illuminare a giorno”?
Secondo alcune regioni italiane assolutamente no, tanto da emanare specifiche norme anti inquinamento luminoso, la cui chiave è l’installazione di impianti che illuminino verso il basso, non verso l’alto (oltre a precise indicazioni sulla fonte da usare): in questo modo l’illuminazione si focalizza sulle strade, lasciando buio il cielo, puntellato di nuovo di stelle. Non sono leggi retroattive, quindi non impongono ai Comuni di cambiare l’esistente, ma almeno impediscono che altre fonti di luce artificiali inquinino ancora la vista del cielo.
Per avere maggiori dettagli su questi provvedimenti, abbiamo contattato Nino Boeti, vice Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, che si è recentemente allineato alle leggi più all’avanguardia, della Lombardia e del Veneto, imponendo ora ai Comuni che vorranno cambiare l’illuminazione pubblica dei severi requisiti per limitare l’inquinamento luminoso.
L’inquinamento luminoso: un problema ambientale ed economico
“La legge regionale che regolava questioni come l’inquinamento luminoso e l’impiego delle risorse energetiche, era vecchia, del 2000 – chiarisce subito Boeti – Era ormai tempo di aggiornarla, come hanno fatto altre Regioni, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica nell’uso delle fonti energetiche. Era anche necessario combattere l’inquinamento luminoso con un disegno di legge che rispondesse alla situazione e alle criticità”.
Ma anche l’economia può risentirne, a partire dall’evidente spreco di energia per una luce che, come minimo, non serve.
“L’inquinamento luminoso è un’alterazione dei livelli di luce nell’ambiente notturno e può provocare danni di diversa natura, ambientale ed economica. Interferisce, ad esempio, con l’orientamento degli animali, come gli uccelli migratori. Ma può avere anche ripercussioni socio-economiche”.
Non solo. Una luce puntata verso il cielo disturba anche le osservazioni scientifiche. “Questo disegno di legge è frutto di un tavolo tecnico, al quale ha partecipato anche l’Associazione Astrofili della Regione Piemonte – spiega Boeti – Infatti un cielo eccessivamente luminoso limita l’efficienza dei telescopi ottici che devono essere posizionati lontani da queste forme di inquinamento, anche dannose economicamente, perché inducono uno spreco di energia elettrica considerevole”.
Città più buie?
Il faro Ramses II che illumina il porto di Marghera, Venezia
Foto credits: Media INAF
Non tutti però concordano su queste limitazioni, ponendo questioni di sicurezza. Le città hanno bisogno di luce anche quando quella naturale non c’è più: per le strade percorse dai veicoli, per i pedoni che percorrono i marciapiedi, e per un livello di sicurezza generale che limiti la criminalità.
Una legge che si pone questi problemi? “L’obbiettivo di questo disegno di legge non è quello di rendere le città più buie – sostiene il Vicepresidente – ma quello di renderle più vive e visibili illuminando in maniera corretta. Per anni abbiamo avuto fonti di luce che invece di illuminare i marciapiedi nei quartieri, per questioni di sicurezza, mandavano la luce verso l’alto”.
Verso il basso, non verso l’alto: questa la chiave. “Abbiamo invece bisogno di impianti che puntino la luce verso il basso, impedendo il contrario. La luce verso l’alto è solo apparentemente una luce maggiore, ma in realtà non illumina, si disperde. Questo non possiamo più consentirlo”.
E c’è di più, secondo Boeti. “Non abbiamo la necessità di illuminare il cielo, abbiamo la necessità di illuminare le strade. L’inquinamento luminoso è un problema anche per la sicurezza di queste: l’abbagliamento è responsabile di molti incidenti”.
Contro l’inquinamento luminoso guadagni per tutti
Tecnicamente il testo indica quali sono le fonti luminose che dovranno essere utilizzate dai Comuni con almeno 30 mila abitanti e obbliga quelli che si apprestano a cambiare le illuminazioni delle vie pubbliche (non è una legge retroattiva) a preparare un progetto illuminotecnico firmato da un professionista.
“Il disegno di legge tiene insieme natura e ambiente ma anche le risorse economiche, perché una luce utilizzata in modo corretto consente di risparmiare, e alla fine ritengo che in questo modo ci guadagnino tutti, dagli animali ai Comuni, che da un punto di vista economico avranno molti vantaggi”.
Un provvedimento, che, a quanto pare, ha avuto il consenso di tutti, o quasi. “Il disegno di legge nasce da un tavolo tecnico che quasi tutti i gruppi consiliari hanno votato, e da un tavolo tecnico tra gli impiegati dell’Assessorato e le associazioni di categoria che poi dovranno installare gli impianti (gli elettricisti)”
“Volevamo essere sicuri che la legge fosse attuabile – conclude Boeti – Da questo tavolo sono state proposte alcune piccole modifiche, che abbiamo accolto: il loro consenso ci conferma che la legge è nel giusto”.
Per altre informazioni sull’inquinamento luminoso leggi anche:
- Le 12 riserve del mondo da cui ammirare il vero cielo stellato
- Ecco come sarebbero le città senza l’inquinamento luminoso (FOTO)
Pur non essendo di per sè una novità, è un segnale di cambiamento, al quale ci auguriamo che molte altre amministrazioni rispondano, in modo da tornare a “riveder le stelle”.
Roberta De Carolis