Domani il rottame di un missile colpirà la Luna (ma non è di Space X)

Il 4 marzo è arrivato: domani un rottame di missile colpirà la Luna a 9.200 km orari. Tutto previsto e nessun pericolo, ma non è di Space X, bensì cinese

Era stato annunciato già a fine gennaio: un pezzo di un razzo è in rotta di collisione con la Luna. Ma nel frattempo è cambiato qualcosa: infatti il razzo, che originariamente si pensava fosse un Falcon 9 della Space X, è stato invece identificato come cinese, lanciato nel 2014. La scoperta, opera di un gruppo di ricerca dell’Università dell’Arizona (Usa), è stata confermata.

Il razzo che domani si schianterà sulla Luna è un booster cinese proveniente da un lancio di un razzo avvenuto nel 2014, ha confermato un team dell’Università dell’Arizona. La conferma è avvenuta tramite l’analisi di uno spettro, che può rivelare la composizione materiale di un oggetto tramite le componenti di luce assorbite o emesse dall’oggetto stesso.

Abbiamo preso uno spettro (che può rivelare la composizione materiale di un oggetto) e lo abbiamo confrontato con i razzi cinesi e SpaceX di tipo simile, e corrisponde ad un razzo cinese

Ma perché si riteneva che il razzo fosse di Space X?

L’iniziale identificazione era avvenuta attraverso l’analisi della sua traiettoria, che appariva coerente con il percorso di razzo SpaceX Falcon 9 mandato in orbita del 2015. Ma le alaisi chimico-fisiche rivelano tutt’altro.

Utilizzando il sistema RAPTORS, un telescopio in cima all’edificio Kuiper Space Sciences nel campus, i ricercatori hanno effettuato osservazioni nelle notti tra il 21 gennaio e il 7 febbraio, l’ultima delle quali dopo le quali il razzo non è stato più osservabile.

E domani l’impatto – è certo – ci sarà.

Anche se questo non è l’impatto più dannoso, l’idea di così tanti oggetti nello spazio con orbite e identità sconosciute è preoccupante – commenta Grace Halferty, studentessa che ha collaborato allo studio Abbiamo bisogno di una migliore gestione del traffico spaziale

Sì perché anche i rifiuti spaziali stanno diventando un problema.

Per l’impatto di domani, comunque, i ricercatori rassicurano.

Fonte: Università dell’Arizona

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